·

Incitare l’Italia preunitaria all’insurrezione. Le strategie di Giuseppe Ricciardi per aggirare la censura (1832-1861)

DOI

1. Introduzione

Giuseppe Ricciardi (Napoli, 1808-1882) è stato uno scrittore particolarmente prolifico che si è cimentato nel corso della sua vita in diversi generi letterari. Le sue opere formano un corpus eterogeneo, costituito da memorie, romanzi, opere teatrali, poesie e saggi. Un eclettismo che non lo ha tenuto, però, al riparo dalle critiche; in particolare, ha pesato sulla sua figura di intellettuale il severo quanto sbrigativo giudizio di Carlo Dionisotti, che ne ha decretato la damnatio memoriæ affermando che «Ricciardi […] ha meritato l’antipatia degli studiosi»1. Tuttavia, la sua parabola, nella quale l’attività patriottica di matrice repubblicana si intreccia a una proficua carriera letteraria (cui si aggiungono i mandati parlamentari, come deputato della Sinistra storica, per il neonato Regno d’Italia) lo rende una figura meritevole di uno studio più approfondito. Seguendo il percorso auspicato da Graziano Palamara e da Angela Russo si vuole far luce sullo spazio occupato da Ricciardi nelle lotte risorgimentali e sulle sue idee afferenti all’unificazione dell’Italia. Negli anni caldi del Risorgimento, l’opera di Ricciardi incoraggia il popolo alla lotta per un’Italia libera dall’assolutismo, indipendente e unita in un solo Stato. Sebbene si tratti di una speranza condivisa da molti patrioti, lo scrittore napoletano nutre la propria militanza di componenti laiche, meridionaliste e ‘proto-femministe’, che lo rendono portavoce di un atteggiamento dialettico nei confronti dell’ala maggioritaria del Risorgimento. Sostiene, tra i primi, la necessità di adottare misure che prevedano una maggiore uguaglianza tra le classi sociali. Questi auspici si riversano trasversalmente nelle sue opere che, nonostante il lungo esilio francese dell’autore, sono prevalentemente in lingua italiana e si configurano come una manifestazione esplicita del suo attivismo2.
Scopo dell’articolo è analizzare le strategie cui fa ricorso l’autore per eludere la censura e per esortare la popolazione dell’Italia preunitaria all’insurrezione contro il governo austriaco. Lo studio prende in considerazione un arco temporale che va dalle prime pubblicazioni di Ricciardi – dagli inizi degli anni Trenta – alla nascita del Regno d’Italia nel 1861, e si basa soprattutto sulla testimonianza offerta dai periodici su cui una parte dei suoi scritti trovano una prima collocazione editoriale, sulle sue corrispondenze, sui suoi manoscritti autobiografici e su altri documenti d’archivio, conservati principalmente tra le Carte Ricciardi della Biblioteca Nazionale di Napoli, alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, alla Società Napoletana di Storia Patria e all’Archivio di Stato di Napoli3. Verranno innanzitutto esaminate le prime mosse elaborate da Ricciardi, in qualità di direttore di rivista, per eludere la censura tra il 1832 e il 1834. Ci soffermeremo poi sulle strategie che è costretto a sviluppare, durante l’esilio in Francia tra il 1836 e il 1861, per dissimulare il carattere patriottico della sua opera e consentire la circolazione dei suoi scritti in Italia. Concluderemo con le strategie concepite ancora durante il prolungato esilio, nel periodo immediatamente precedente all’Unità d’Italia, riguardanti la messa in scena di tragedie redatte specificamente per un pubblico italiano4.
Questa ricostruzione appare necessaria per ridare alla figura di Ricciardi un posto centrale nel panorama letterario risorgimentale e riconsiderare gli aspetti patriottici della sua opera, che, se all’epoca ne hanno impedito la libera circolazione nella Penisola, rendendolo un autore ‘clandestino’, ancora oggi lo rendono poco noto al grande pubblico. Tornare a interrogarsi sui suoi testi assume, pertanto, un significativo valore socioculturale: guardando la sua attività da un’altra prospettiva, si può sostenere, infatti, che Ricciardi ha dimostrato di avere un’inventività e una perseveranza tali da riuscire a far pervenire, attraverso diversi canali, il suo messaggio insurrezionale al suo pubblico ‘ideale’, cioè agli italiani.

2. Direzione della rivista napoletana «Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti» e confronto con la censura

Prima di essere arrestato a Napoli nel 1834 con l’accusa di sospetta attività cospirativa fondata sui documenti trovati in suo possesso – e prima del suo esilio volontario in Francia nel 1836, cui lo hanno indotto le sanzioni prese nei suoi confronti –5, nel 1832 Ricciardi fonda e assume la direzione editoriale della rivista «Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti», gestendo la distribuzione in Italia e all’estero, soprattutto in Francia. Nelle Memorie autografe d’un ribelle racconta delle difficoltà incontrate per distribuire la rivista in Italia:

Poiché del governo, dissi a me stesso, e di tutto che dal governo dipende, non è lecito favellare, se non per lodarlo, e noi taciamone al tutto. E questo silenzio sdegnoso faccia le veci del contrasto vivo e continuo, che bisognerebbe pur fare, e non puossi, a chi strazia e conculca la patria. Ad ammansar poi la censura, o, per dir meglio, a corbellarla, si tratti in principio assai più di scienze naturali ed esatte, che non di scienze morali, assai più della nuda letteratura, che non della filosofia delle lettere, assai più dell’arte considerata per sé medesima, che non dal lato morale. Oltre di che antipongasi la storia dei fatti alle riflessioni ch’emergon dai fatti, e scrivasi in modo che il leggitore possa dedur da sé stesso le conseguenze che lo scrittore non potette porgli sott’occhio. Queste norme fermate fra me e me, posi non picciolo studio nel fare che i miei collaboratori le seguitassero attentamente, e dato m’è asseverare che fino all’autunno del 1834, cioè fino a quando il giornale ebbesi in fronte le mie iniziali, nessuna sua pagina potette riuscire gradita al governo6.

Ricciardi spiega che nonostante la pervasività della censura, egli reagisce sforzandosi «ad accrescere il numero, così dei collaboratori, come dei corrispondenti e [a fare] capo in ispecie dal Vieusseux, […] per diffondere vie maggiormente il giornale in Toscana e nella rimanente Penisola»7.
La corrispondenza di Ricciardi conservata alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze comprova la veridicità di questi sforzi, notati e apprezzati anche da Giuseppe Mazzini convinto dell’utilità de «Il Progresso» per la causa italiana8. Nelle lettere a Niccolò Tommaseo, collaboratore della rivista e già collaboratore dell’«Antologia», periodico scientifico-letterario fiorentino di Giovan Pietro Vieusseux, Ricciardi gli suggerisce varie modalità per rendersi utile al periodico napoletano. Chiede a Tommaseo di aiutarlo a far conoscere ai lettori della sua rivista le ricchezze e le risorse morali italiane, la vivacità culturale di aree poste agli antipodi della Penisola, informandoli delle novità di cui aveva sentito parlare in merito a pubblicazioni, commercio, industria e lavori pubblici9. Anche il carteggio tra Ricciardi e Vieusseux testimonia questo particolare impegno del direttore de «Il Progresso». Infatti, in seguito alla soppressione dell’«Antologia» – le pressioni dell’Austria erano diventate insostenibili a causa delle critiche espresse troppo apertamente in diversi articoli della rivista fiorentina – Vieusseux spera che «Il Progresso» ne possa diventare addirittura l’erede, tant’è che indirizza diversi suoi ex-collaboratori verso la rivista napoletana, tra cui Tommaseo10. Le lettere conservate confermano tanto l’impegno ricciardiano alla diffusione de «Il Progresso» quanto la sua distribuzione per il tramite di Vieusseux, come accennato, tra l’altro, pure in Memorie autografe d’un ribelle. Una lettera scritta a Perugia e indirizzata a Ricciardi dal poeta e traduttore Antonio Mezzanotte conferma il rapporto instaurato da Ricciardi con Vieusseux per la diffusione de «Il Progresso»11. Va in questa direzione la stessa corrispondenza tra lo scrittore napoletano e Vieusseux, che documenta il loro rispettivo coinvolgimento nelle attività del periodico12. La carta da lettere della rivista indica, fra i responsabili che i lettori possono contattare, di scrivere proprio a Vieusseux e al suo gabinetto fiorentino, sia per effettuare acquisti dall’Italia centrale e settentrionale, sia per sottoscrivere abbonamenti dalla Toscana, Piemonte, Lombardia e dall’estero13. Inoltre, tra la corrispondenza del 1834 citata nelle Memorie autografe d’un ribelle, troviamo una lettera spedita da Versailles e scritta a Ricciardi dal patriota e poeta Alessandro Poerio che conferma la volontà del direttore de «Il Progresso» di assicurare al periodico una larga diffusione anche oltre i confini italiani14.
Come lo sarà successivamente Carlo Tenca alla guida della «Rivista europea» e de «Il Crepuscolo»15, nel suo ruolo di direttore Ricciardi si mostra ben consapevole delle scelte da fare per assicurare che la pubblicazione arrivi in mano ai lettori italiani, senza minare le possibilità di svolgere un ruolo attivo che dal campo dell’informazione evolvesse gradualmente verso quello dell’influenza politica. Poiché nelle pagine de «Il Progresso» non è possibile denunciare apertamente la situazione politica italiana, Ricciardi si affida al lavoro di collaboratori scelti con cura per creare articoli in grado di suscitare nei lettori italiani il senso di appartenenza nazionale. Nonostante le precauzioni, la rivista subisce inesorabilmente i colpi della censura; Ricciardi cerca di compensare queste battute di arresto, incrementando il numero dei suoi corrispondenti, in previsione dello sfruttamento dei canali della distribuzione clandestina.

3. Come raggiungere i lettori italiani negli anni dell’esilio

Durante gli anni Trenta, decennio durante il quale è pubblicato «Il Progresso», Mazzini considera fondamentale il rinnovamento della letteratura patriottica, nella speranza che questa riesca ad avere una maggiore efficacia sul piano sociopolitico. Secondo lui, questo rinnovamento si mostra necessario per estendere la rete patriottica e preparare fasce più ampie della popolazione agli obiettivi insurrezionali della Giovine Italia. Mazzini ritiene che per promuovere quest’evoluzione della letteratura patriottica sia necessario liberarla dal filtro della censura ancora in vigore in Italia; ma questo, nel concreto, era possibile solo per quegli che non erano soggetti al rischio di essere incarcerati a causa delle loro idee16. Tuttavia, per costoro non era facile coltivare questo tipo di produzione incoraggiata da Mazzini e farla circolare presso i lettori dell’Italia preunitaria.
Pertanto, ma non senza difficoltà17, molti dei testi preunitari di Ricciardi sono pubblicati legalmente a Parigi, mentre è in esilio a Tours. Se l’assolutismo dei vari regnanti impediva, nella maggior parte dei casi, la circolazione di scritti patriottici volti a porre fine alla divisione e all’oppressione dell’Italia, d’altro lato, la Francia consente la militanza di patrioti italiani come Ricciardi. Egli prende atto di questo diverso grado di tolleranza dopo aver visto la diffusione de «Il Progresso» ostacolata dalla censura e, più specificamente, dopo aver subito le misure repressive del Regno delle Due Sicilie che, dopo un periodo di carcerazione, lo hanno costretto all’esilio in Francia. Quindi, acquisita piena consapevolezza delle norme capillari e dei limiti cui è soggetta la stampa italiana, che colpisce con più accanimento chi si è ‘distinto’ presso le autorità per il suo orientamento democratico, Ricciardi ricorre a varie strategie per diffondere i suoi testi in tutta la Penisola. Con l’avvicinarsi del 1840 e negli anni che seguono, pubblica in Francia opere molto brevi, edite in formato ridotto, ad esempio Pochi versi (in-32, 12,5 x 8 cm), Gloria e sventura, canti repubblicani (in-32, 13,5 x 8,5 cm) e Discorso intorno alle norme da seguitarsi dagl’italiani nel procacciare l’indipendenza, l’unità e la libertà della patria (in-8, 16 x 9 cm; 15 pagine). Proprio grazie al loro formato, queste pubblicazioni risultano più facili da nascondere, il che offre maggiori probabilità di circolazione in Italia18. Non c’è da stupirsi se lo scrittore mostra una tale attenzione al formato delle sue opere, visti i provvedimenti di cui è stato vittima. Oltre all’incarcerazione menzionata, nel 1842, un anno prima della pubblicazione del Discorso, il Regno delle Due Sicilie aveva raccomandato al Granducato di Toscana e al Regno Lombardo-Veneto di bloccare la circolazione dell’opera di Ricciardi all’interno dei loro confini19. Data la severità di questi provvedimenti, non stupisce neppure che nell’edizione del 1842 della Storia d’Italia dal 1850 al 1900 sia espurgato il nome dell’autore prima della fine della prefazione, unica sezione del libro dov’è presente la firma dello scrittore20. Racconto che tratta del futuro dell’Italia – presentato dapprima sotto le spoglie dell’ennesima storia anonima della Penisola –, questo romanzo fantapolitico21 è destinato a ingannare la vigilanza della censura, per mancanza di elementi evidenti che tradiscano lo spirito rivoluzionario del racconto e del suo autore. A distanza di quattro anni dalla lettera inviata dal Regno delle Due Sicilie al Granducato di Toscana e al Regno Lombardo-Veneto, Ricciardi continua a dare prova di grande arguzia nel cercare di superare gli ostacoli che impediscono la lettura dei suoi scritti da parte degli italiani. Nel 1846, pur essendo presentato ufficialmente come edito a Parigi, Conforti all’Italia ovvero Preparamenti all’insurrezione viene pubblicato clandestinamente a Parma e a Firenze, così da evitare che le pagine dovessero attraversare il confine italiano sotto forma di libro, un formato più facilmente reperibile e controllabile22. Nel 1850 Cenni storici intorno agli ultimi casi d’Italia e documenti da ricavarsene viene pubblicato invece in Svizzera, a Lugano, luogo di editoria clandestina non lontano dal confine italiano e vicino a Milano23. Ancora, nel 1855 Ricciardi pubblica a Parigi i Drammi storici «i quali essendo opera letteraria e non politica non avrebbero dovuto incontrare ostacoli»24 lungo il tragitto verso l’Italia. Nel 1856, scrive poi alla sorella Irene e al marito Vincenzo Capecelatro spiegando loro di aver sollecitato l’aiuto di persone fidate per far pervenire in Italia alcune sue opere pubblicate in Francia25. In questi stessi anni e fino all’Unità, per incrementare le possibilità di farsi conoscere presso un pubblico più ampio di lettori, l’autore finanzia persino inserti pubblicitari nella stampa26 e invia i suoi scritti alla redazione di periodici italiani in vista di una pubblicazione o, quanto meno, di una menzione delle sue opere da parte di tali riviste e giornali27.
Le lettere scambiate tra Ricciardi e le sue sorelle, in particolare, costituiscono un’importante fonte di informazioni sulle strategie messe in atto dallo scrittore, in quanto i membri della sua famiglia fungevano da principali intermediari in Italia28. Oltre a spedire pubblicazioni come Gloria e sventura (1839) ad altri esuli italiani, a cominciare dai patrioti Mazzini, Carlo Pepoli, Gabriele Rossetti e Nicola Fabrizi – che lo ringrazia da Malta –29, Ricciardi si dedica poi più minuziosamente al modo con cui raggiungere gli italiani della Penisola. La sua corrispondenza preunitaria dimostra, per l’appunto, il ruolo determinante svolto dai familiari. Una volta che i suoi testi varcano il confine franco-italiano, è compito delle sorelle Elisabetta e Irene, oltre che del marito di quest’ultima, far sì che le sue opere raggiungano i connazionali rimasti nella Penisola30. A Irene Ricciardi scrive nel dicembre 1856:

Profitto di una nuova occasione preziosa per inviarti il Masaniello. Ieri ti inviai la Cacciata, a quest’ora avrai ricevuto il Vespero, il perché avendo già la Lega Lombarda potrai far rilegare il volume. Fai leggere questi miei drammi a quanti più puoi, essendo questa l’unica soddisfazione cui mi è dato aspirare31.

Mentre questi Drammi storici vengono pubblicati nel 1855 in un’unica raccolta in Francia32, l’autore li invia a Irene separatamente per attraversare il confine italiano tramite posta ed eludere i controlli. Suggerisce alla sorella di raccoglierli in un unico volume per semplificarne la diffusione tra i conoscenti. Nonostante questi stratagemmi e l’aiuto ricevuto per metterli in pratica, quando le sue opere giungono alle sorelle in Italia, l’autore incontra una certa freddezza: fa fatica ad essere letto e diffuso, perché anche la sua cerchia ristretta di amici e familiari tende a mostrarsi più cauta dell’esule33.
Ricciardi evoca più volte la delusione a fronte dell’accoglienza del suo lavoro preunitario. Nel 1865, nel proemio dell’autobiografia Il Fuoruscito, Ricciardi parla del «poco favore incontrato dai tanti scritti […] pubblicati durante il […] lungo esulare»34 in Francia, nel ventennio precedente la nascita del Regno d’Italia. La corrispondenza preunitaria di Ricciardi va nella stessa direzione. In una lettera del giugno 1846 indirizzata all’avvocato e futuro ministro del Regno delle Due Sicilie (1848) Francesco Paolo Ruggiero, confessa: «Tu forse, come la massima parte dei miei conterranei, non avrai veduto o vedrai alcuno dei libri e libriccini infrascritti, il che m’è doloroso come non puoi immaginare, tanto più poi quando penso che le mie cose corrono tutta l’Italia»35. In una delle lettere indirizzate alla sorella Irene dieci anni dopo, nel 1856, insiste sul fatto che i loro conoscenti comuni costituiscano l’unico pubblico di lettori di cui la censura non lo priva36. Sebbene tali discorsi non siano inconsueti negli scritti degli autori dell’epoca – sia nelle loro pubblicazioni (si pensa ai ‘venticinque lettori’ dei Promessi sposi), sia nelle loro corrispondenze – e non riflettano direttamente la realtà della ricezione dell’opera di Ricciardi, questa impressione lo incoraggia sulla strada che ha intrapreso.

4. Collaborazione dall’estero con teatri italiani

Anche se le sue esperienze in questo campo sono più tardive e lo occupano in minor misura, Ricciardi si esprime altrettanto frequentemente sulle difficoltà della messa in scena delle sue pièces teatrali. Le impressioni a riguardo, quando espresse, non sono più confortanti di quelle inerenti alla ricezione degli scritti dell’autore. In Dell’arte d’esser felice, etica nuova (1863), denuncia le commedie immorali e le opere importate dall’estero, spesso francesi, presenti nella programmazione offerta dai teatri italiani37. Questo rimprovero è in parte frutto della delusione per la sua esperienza personale di drammaturgo, condivisa in svariate altre occasioni in modo molto più esplicito che nell’Etica nuova; circostanze in cui lamenta la ristretta diffusione scenica delle proprie opere drammatiche. Per esempio, in una lettera pubblicata nel 1855 sulla «Revue franco-italienne», all’interno del volume delle Opere scelte del 1870, che riunisce alcuni dei suoi drammi, e nelle Tribolazioni d’un autore drammatico pubblicate nel 1874, egli sottolinea la riluttanza del mondo teatrale verso la messa in scena dei suoi drammi preunitari38. In queste varie occasioni, egli ritorna con la mente ai rigetti ricevuti e i suoi scritti denunciano direttamente i teatri e gli attori che si sono mostrati riluttanti a dare spazio a produzioni come la sua.
Le stesse misure repressive che hanno spinto Ricciardi ad adottare diverse strategie per far sì che le sue pubblicazioni raggiungessero i destinatari prestabiliti svolgono un ruolo analogo nell’ambito dell’attività teatrale: pure in questo settore Ricciardi deve ingegnarsi affinché la sua opera trovi ospitalità nei teatri italiani. Nell’opuscolo Le tribolazioni d’un autore drammatico, lo scrittore ammette il desiderio di vedere i suoi drammi rappresentati a tutti i costi, nonostante il grande numero di rigetti, tra cui cita quello del celebre attore e patriota Gustavo Modena per Il Vespro, che Ricciardi gli invia nel 1854 in vista di una rappresentazione a Torino, e quello dell’altrettanto famosa Adelaide Ristori, che non accetta di prendere parte alla sua Lega lombarda39.
Nelle Tribolazioni d’un autore drammatico, questo rifiuto si spiega con il timore dell’attrice di compromettersi con l’Austria, tesi che egli sostiene altrettanto apertamente nei suoi manoscritti40. Sempre nelle sue Tribolazioni, ritiene che siano da ascrivere a questo stesso timore i rifiuti ottenuti dalle compagnie itineranti del Piemonte tra il 1855 e il 185941. Senza esprimere giudizi sul valore artistico del teatro di Ricciardi, le opinioni dell’autore di un articolo comparso sulla «Rivista contemporanea» nel 1860 vanno nella stessa direzione: egli si rammarica della mancata messa in scena de La Lega lombarda a Napoli, rappresentazione sperata dal drammaturgo, e afferma che il dramma è stato censurato a causa dei timori di compromettersi con l’Austria che Ricciardi attribuisce alla Ristori42. I motivi politici denunciati da Ricciardi e citati altresì dalla «Rivista contemporanea» sono quanto mai plausibili, se si considera che la vera posta in gioco è l’appello all’insurrezione presente nei Drammi storici.
Un’altra esperienza teatrale di Ricciardi sembra confermare quest’ipotesi cautelativa alla base dei rifiuti dei suoi contemporanei. Tra il 1858 e il 1859, fa un tentativo insieme al patriota polacco Krystyn Ostrowski di far rappresentare ad Adelaide Ristori la tragedia di Ostrowski Maria Maddalena, tradotta in italiano da Ricciardi e che contiene un esplicito appello all’insurrezione. Ricciardi collabora con Ostrowski per diversi mesi sulla traduzione del testo, in preparazione dell’allestimento dello spettacolo per gli italiani a Parigi – idealmente, al Théâtre-Italien – ma, come spiega in appunti manoscritti, nasconde il suo ruolo di traduttore nel timore che l’attrice rifiuti di prendere parte al progetto a causa dei pregiudizi nei confronti dello scrittore napoletano, avendo già rifiutato di rappresentare La Lega lombarda. Ricciardi crede così di avere maggiori possibilità di vedere la tragedia interpretata da Ristori, ma è una vana speranza: Maria Maddalena non viene mai rappresentata e la messa in scena prevista è abbandonata43.
Sebbene la traiettoria di questo progetto comune ai due patrioti tenda a confermare i motivi politici dei rifiuti menzionati da Ricciardi, è necessario aggiungere una verosimile reticenza artistica al sicuro ostacolo rappresentato dall’appello all’insurrezione che caratterizza il teatro preunitario del democratico meridionale. Nell’aprile del 1857, sull’importante quotidiano francese «Le Siècle», il drammaturgo e giornalista teatrale Edmond Desnoyers de Biéville riporta anche lui il rammarico di Ricciardi di non aver potuto vedere la sua Lega lombarda rappresentata da Adelaide Ristori, ma il giornalista si interroga più a fondo sulle ragioni di tale rifiuto. Infatti, pochi giorni dopo, a maggio, Edmond Desnoyers de Biéville torna sulla questione e, sullo stesso giornale, riporta questa volta il giudizio di Adelaide Ristori e del suo entourage, secondo i quali semplicemente La Lega lombarda non avrebbe incontrato il successo sperato dall’autore44.
A fronte di questi rigetti, Ricciardi sostiene di aver finanziato lui stesso in diverse occasioni la messa in scena dei suoi Drammi storici45. Tuttavia, le rappresentazioni di queste opere risultano poche e tardive. I drammi sono messi in scena per la prima volta nel 1859, quando il loro messaggio patriottico si è già diffuso in tutta Italia da diversi decenni. Le rappresentazioni iniziano all’indomani della Seconda guerra d’indipendenza italiana nel Regno di Sardegna, dove la cultura patriottica è incoraggiata da parecchi anni. I Drammi storici sono poi rappresentati nel resto della Penisola ormai liberata dall’assolutismo che denunciano46.

5. Conclusione

Come avalla lo studio delle pubblicazioni e degli archivi presi in considerazione, le varie strategie di autopromozione scelte da Ricciardi hanno fatto conoscere agli italiani la sua opera preunitaria. Contrariamente alla circolazione clandestina dell’opera in formato cartaceo, per la quale Ricciardi, reso edotto dal periodo trascorso alla direzione de «Il Progresso», si affida alle proprie strategie editoriali, alla presenza di fidati intermediari e ai suoi legami, in particolare finanziari, con la stampa contemporanea, le rappresentazioni teatrali rimangono rare. Laddove la distribuzione clandestina degli scritti ricciardiani consente in parte all’autore di eludere gli effetti della censura vigente nei vari regni della Penisola che ne ostacola la diffusione legale, le rappresentazioni sceniche dei Drammi storici si rivelano necessariamente confinate ad un’Italia largamente conquistata dalla causa unitaria, malgrado le spedizioni messe in atto e l’investimento finanziario personale. Al di là di questo limite, si ribadisce, una volta di più, che grazie alle strategie messe in evidenza, che spaziano da quelle editoriali a quelle finanziarie, passando per gli invii in parte anonimi, Ricciardi è riuscito effettivamente a far conoscere la sua attività patriottica fra gli esuli e ai suoi connazionali rimasti in Italia, nella nativa Napoli e non solo. Ciononostante, il suo impegno rimane tutt’oggi trascurato dagli studi storici e letterari, pertanto, in questa sede si è data priorità all’impatto sociale della sua opera: talvolta clandestinamente e talvolta legalmente, i suoi appelli raggiungono il pubblico preunitario, costituito tanto da spettatori non politicizzati che assistono alla rappresentazione dei suoi drammi, quanto da coloro che sostengono attivamente il suo impegno, e che sono nella posizione di trasmettere la sua produzione scritta agli italiani da incitare all’insurrezione.


  1. C. Dionisotti, Appunti sui moderni, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 203. Su Ricciardi, vedi anche ivi, pp. 203-209.

  2. Questo contributo nasce nel contesto di una tesi di dottorato (in corso all’Université Libre de Bruxelles), incentrata sull’opera letteraria di Giuseppe Ricciardi, sovvenzionata dal Fonds de la Recherche Scientifique (F.R.S.-FNRS). Tra gli studi storici pubblicati finora su Ricciardi vanno soprattutto ricordati C. Gentile, Giuseppe Ricciardi, mazziniano e antimazziniano, Napoli, Glaux, 1974; M. Petrusewicz, Giuseppe Ricciardi. Ribelle, romantico europeo, in «Archivio storico per le province napoletane», 1999, pp. 235-261; A. Russo, «Nel desiderio delle tue care nuove». Scritture private e relazioni di genere nell’Ottocento risorgimentale, Milano, Franco Angeli, 2006; Ead., Tra fratello e sorella: Giuseppe ed Elisabetta Ricciardi. Linguaggi, strategie, idee politiche e religiose a confronto, in Famiglia e nazione nel lungo Ottocento italiano. Modelli, strategie, reti di relazioni, a cura di I. Porciani, Roma, Viella, 2006, pp. 83-105; Ead., «Vostra obbligata amica». Giuseppe Ricciardi e le amiche emancipazioniste (1860-1880), in Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), a cura di E. Scaramuzza, Milano, Franco Angeli, 2010, pp. 41-53; G. Palamara, Pensiero e azione di un democratico meridionale. Giuseppe Ricciardi e l’unità nazionale (1808-1882), Napoli, La città del Sole, 2007. Sul carattere patriottico dell’opera letteraria di Ricciardi durante il Risorgimento, oltre alle pagine di Dionisotti sopra menzionate e agli studi letterari che citano l’opera ricciardiana all’interno di un discorso più ampio, come in M. Heidler, L’interpretazione della storia nella letteratura del Risorgimento, tesi di dottorato, Albert-Ludwigs-Universität, 1976 e S. D’Alessio, Masaniello durante il Risorgimento, in «Il Risorgimento», 1, 2019, pp. 29-71 (cfr. ivi, p. 54), si veda il contributo C. Gigante, Tra meridionalismo e unità nazionale. Le finzioni narrative di Giuseppe Ricciardi, in Il Risorgimento tra storia e finzione. Atti del convegno dell’Università Roma Tre, 22 novembre 2019, a cura di R. Colombi, Firenze, Franco Cesati, 2021, pp. 31-50, uno studio letterario che si concentra parzialmente sull’opera preunitaria ricciardiana e sulla cui scia si colloca la presente ricerca.

  3. Sulle corrispondenze e sulle fonti presenti all’Archivio di Stato di Napoli si vedano le pubblicazioni di Palamara e Russo sopra menzionate, la cui lettura ha guidato il nostro studio sulle strategie di aggiramento della censura messe in atto da Ricciardi.

  4. Analizzeremo le strategie adottate dall’autore per eludere la censura alla luce di studi fra i quali F. Della Peruta, Il giornalismo italiano del Risorgimento. Dal 1847 all’Unità, Milano, Franco Angeli, 2011; N. Del Corno, A. Porati (a cura di), Il giornalismo lombardo nel decennio di preparazione all’Unità, Milano, Franco Angeli, 2005; S. Casini, L’avventurosa navigazione. «Il Crepuscolo» di Carlo Tenca e la censura lombardo-veneta, in Letteratura e Potere/Poteri. Atti del XXIV Congresso dell’ADI (Catania, 23-25 settembre 2021), a cura di A. Manganaro, G. Traina, C. Tramontana, Roma, Adi Editore, 2023, pp. 2-7; D. M. Bruni, Stampa, accademie e censura nel Risorgimento italiano, Milano, Franco Angeli, 2007; M. I. Palazzolo, Prima della libertà di stampa. Le forme della censura nell’Italia della Restaurazione, in «La Bibliofilía», CVIII, 1, 2006, pp. 71-89; F. Doglio, Il teatro patriottico nel Risorgimento, in Teatro e Risorgimento, a cura di F. Doglio, Bologna, Cappelli, 1961, pp. 5-51; A. Bentoglio, Un secolo di censura teatrale, in Storia del teatro moderno e contemporaneo, a cura di R. Alonge, G. Davico Bonino, Torino, Einaudi, 2000, vol. II, Il grande teatro borghese. Settecento-Ottocento, pp. 1103-1122, che si concentrano in tutto o in parte sulla stampa, sull’editoria libraria e sul teatro ai tempi della censura, nel Risorgimento italiano.

  5. Vedi G. Ricciardi, Memorie autografe d’un ribelle, Parigi, Stassin et Xavier, 1857, pp. 311-396, ove Ricciardi descrive una cronologia degli eventi verificata da Palamara in G. Palamara, op. cit.

  6. G. Ricciardi, Memorie autografe d’un ribelle, cit., pp. 151-152.

  7. Ivi, p. 264.

  8. G. Mazzini, Epistolario, in Id., Scritti editi ed inediti, Imola, Galeati, 1911, t. XI, vol. IV dell’Epistolario, p. 151.

  9. Vedi, nel Fondo Tommaseo de la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (da ora in poi BNCF), BNCF, ms. Tomm. 121, 38, 3, lettera da Ricciardi a Tommaseo, Napoli, senza data di redazione.

  10. A. Scirocco, L’Italia del Risorgimento (1800-1871), Bologna, Il Mulino, 1993, p. 211; G. Palamara, op. cit., p. 32.

  11. G. Ricciardi, Memorie autografe d’un ribelle, cit., p. 334.

  12. Cfr. BNCF, mss. Vieusseux, 90 e 91, corrispondenza di Ricciardi e Vieusseux.

  13. Vedi BNCF, ms. Tomm. 121, 38, 3, lettera di Ricciardi a Tommaseo, Napoli, senza data di redazione; BNCF, ms. Vieusseux, 91, 19, lettera di Vieusseux a Ricciardi, Firenze, 26 luglio 1834; BNCF, ms. Vieusseux, 91, 25, lettera di Vieusseux a Ricciardi, Firenze, 10 settembre 1834.

  14. G. Ricciardi, Memorie autografe d’un ribelle, cit., p. 349.

  15. Cfr. S. Casini, op. cit.

  16. G. Mazzini, De l’art en Italie, à propos de Marco Visconti, in Scritti sul romanzo e altri saggi letterari, a cura di L. Beltrami, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012 [1835], pp. 169-193.

  17. Cfr. Società Napoletana di Storia Patria (da ora in poi SNSP), ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 9 maggio 1856.

  18. Cfr. G. Ricciardi, Pochi versi, Parigi, Dai torchi di L. B. Thomassin e C., 1837, di cui solo il frontespizio è stato conservato (cfr. BNCF, ms. Tomm. 121, 38, 4); Id., Gloria e sventura, canti repubblicani, Parigi, Dai torchi della signora Lacombe, 1839; Id., Discorso intorno alle norme da seguitarsi dagl’italiani nel procacciare l’indipendenza, l’unità e la libertà della patria, Parigi, Dai torchi della Signora Lacombe, 1843.

  19. Archivio di Stato di Napoli, Polizia, Gabinetto, f. 105, esp. 56, vol. VI, rapporto del 25 agosto 1842 dell’ambasciatore napoletano accreditato presso il governo francese.

  20. Cfr. G. Ricciardi, Storia d’Italia dal 1850 al 1900, Parigi, Dai torchi della Signora Lacombe, 1842.

  21. Su Storia d’Italia dal 1850 al 1900, si veda C. Gigante, op. cit., pp. 31-35.

  22. Ricciardi menziona tali edizioni clandestine nell’elenco delle sue pubblicazioni alla fine del Masaniello pubblicato nel 1879 (G. Ricciardi, Elenco in ordine cronologico degli scritti d’ogni maniera pubblicati da Giuseppe Ricciardi, in Id., Masaniello ovvero Storia della rivoluzione di Napoli del 1647, Napoli, A. Morano, 1879, p. 108). La traduzione in inglese del nome degli editori parigini «Stassin et Xavier», solitamente stipulato in francese, nei Conforti all’Italia detti editi a Parigi da «Stassin and Xavier, booksellers, 9, rue du Coq, near the Louvre», ci porta a credere questa affermazione dell’autore di Masaniello.

  23. Il volume è presentato dal frontespizio come G. Ricciardi, Cenni storici intorno agli ultimi casi d’Italia e documenti da ricavarsene, Italia, s.ed., 1849. Tuttavia, Ricciardi spiega nel 1879 che il volume è stato pubblicato a Lugano (G. Ricciardi, Elenco in ordine cronologico degli scritti d’ogni maniera pubblicati da Giuseppe Ricciardi, cit., pp. 108-109).

  24. SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 30 maggio 1856. Cfr. G. Ricciardi, Drammi storici, Parigi, Stassin et Xavier, 1855.

  25. SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Vincenzo Capecelatro, Tours, 9 maggio 1856; SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 9 maggio 1856.

  26. Cfr. Poesie diverse di G. Ricciardi, in «L’Italia, giornale quotidiano politico letterario», I, 159, 17 maggio 1859, [n. p.]; Poesie diverse di G. Ricciardi, in «L’Italia, giornale quotidiano politico letterario», I, 120, 8 giugno 1859, [n. p.]; Poesie diverse di G. Ricciardi, in «L’Italia, giornale quotidiano politico letterario», I, 175, 2 agosto 1859, [n. p.]. Vedi il numero 180 di «L’Italia» in data 7 agosto 1859, dove si trovano tre annunci pubblicitari per pubblicazioni ricciardiane (Histoire d’Italie par Joseph Ricciardi, in «L’Italia, giornale quotidiano politico letterario», I, 180, 7 agosto 1859, [n. p.]; Histoire de la Révolution d’Italie en 1848, suivie d’un aperçu sur les événements des six premiers mois de 1849, par Joseph-Napoléon Ricciardi, in «L’Italia, giornale quotidiano politico letterario», I, 180, 7 agosto 1859, [n. p.]; Memorie autografe di un ribelle, per G. Ricciardi, in «L’Italia, giornale quotidiano politico letterario», I, 180, 7 agosto 1859, [n. p.]).

  27. Cfr. G. Ricciardi, Pensieri di un esule, I, in «La Ragione, foglio ebdomadario di filosofia religiosa, politica e sociale», VI, 133, 2 maggio 1857, pp. 274-280; Id., Pensieri di un esule, II, in «La Ragione, foglio ebdomadario di filosofia religiosa, politica e sociale», VI, 136, 23 maggio 1857, pp. 345-350.

  28. Sull’argomento, cfr. A. Russo, «Nel desiderio delle tue care nuove». Scritture private e relazioni di genere nell’Ottocento risorgimentale, cit.; Ead., Tra fratello e sorella: Giuseppe ed Elisabetta Ricciardi. Linguaggi, strategie, idee politiche e religiose a confronto, cit.

  29. Cfr. G. Ricciardi, Il Fuoruscito, continuazione delle Memorie autografe di un ribelle, in «La Bussola, giornale politico quotidiano del mattino», II, 213, 10 agosto 1865, pp. 1-2; Id., Il Fuoruscito, continuazione delle Memorie autografe di un ribelle, in «La Bussola, giornale politico quotidiano del mattino», II, 214, 11 agosto 1865, pp. 1-2; Biblioteca Nazionale di Napoli (da ora in poi BNN), Carte Ricciardi, b. I, già Fuoruscito b. A1, fasc. I, p. 20, lettera di Nicola Fabrizi a Giuseppe Ricciardi, Malta, 18 ottobre 1839.

  30. Cfr. SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Vincenzo Capecelatro, Tours, 13 gennaio 1855; BNN, Carte Ricciardi, b. C2–1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Elisabetta Ricciardi, Tours, 15 dicembre 1855; SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Vincenzo Capecelatro, Tours, 9 maggio 1856; SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 9 maggio 1856; SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 30 maggio 1856; SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 1° dicembre 1856.

  31. SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 1° dicembre 1856.

  32. Vedi G. Ricciardi, Drammi storici, cit.

  33. Cfr. BNN, Carte Ricciardi, b. II, già Fuoruscito b. A2, Tours, 20 maggio 1858; SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 10 giugno 1858.

  34. BNN, Carte Ricciardi, b. I, già Fuoruscito b. A1, fasc. I.

  35. SNSP, ms. XXVI b. 6, lettera di Giuseppe Ricciardi a Francesco Paolo Ruggiero, Villoison par Essomes, 17 giugno 1846.

  36. SNSP, ms. XXII b. 1, lettera di Giuseppe Ricciardi a Irene Ricciardi, Tours, 1° dicembre 1856.

  37. G. Ricciardi, Dell’arte d’esser felice, etica nuova, in Id., Opere scelte, Napoli, Stamperia del Vaglio, 1867, vol. IV, p. 97.

  38. Cfr. G. Ricciardi, À Monsieur le Rédacteur de la Revue franco-italienne, in «Revue franco-italienne»,  II, 10, 15 marzo 1855, pp. 77-78; Id., Avvertenza, in Opere scelte, Napoli, Stamperia del Vaglio, 1870, vol. VII, pp. 391-393; Id., Le tribolazioni d’un autore drammatico, Napoli, s.ed., 1874.

  39. G. Ricciardi, Le tribolazioni d’un autore drammatico, cit., pp. 2-3.

  40. Cfr. BNN, Carte Ricciardi, b. III. già Diario b. 1, fasc. I, p. 151, in data 23 ottobre 1858.

  41. G. Ricciardi, Le tribolazioni d’un autore drammatico, cit., pp. 2-3.

  42. Corrispondenza di Napoli, in «Rivista contemporanea», VIII, 22, settembre 1860, p. 472.

  43. Vedi le varie fonti sul progetto di Ostrowski e Ricciardi raccolte in BNN, Carte Ricciardi, b. I, Il Fuoruscito b. A1, fasc. I. La traduzione italiana di Marie Madeleine ou Remords et repentir (1858) di Krystyn Ostrowski (1811, Ujazd, Ducato di Varsavia – 1882, Losanna) è stata pubblicata nella «Rivista contemporanea nazionale italiana». Cfr. Tragedia biblica di Cristino Ostrowski, tradotta da Giuseppe Ricciardi, in «Rivista contemporanea nazionale italiana», XLVIII, 159, 1867, pp. 245-275; Tragedia biblica di Cristino Ostrowski, tradotta da Giuseppe Ricciardi, in «Rivista contemporanea nazionale italiana», XLVIII, 160, 1867, pp. 389-423; Tragedia biblica di Cristino Ostrowski, tradotta da Giuseppe Ricciardi, in «Rivista contemporanea nazionale italiana», XLIX, 161, 1867, pp. 246-253; Tragedia biblica di Cristino Ostrowski, tradotta da Giuseppe Ricciardi, in «Rivista contemporanea nazionale italiana», XLIX, 162, 1867, pp. 388-403; G. Ricciardi, Maria Maddalena, in Id., Opere scelte, cit., vol. VII, pp. 181-326.

  44. E.-D. de Biéville, Revue des théâtres, in «Le Siècle», XXII, 8074, 27 aprile 1857 [n. p.]; Id., Revue des théâtres, in «Le Siècle», XXII, 8081, 4 maggio 1857 [n. p.].

  45. Sulle difficoltà incontrate da Ricciardi nel far rappresentare i suoi Drammi storici, si veda G. Ricciardi, Le tribolazioni d’un autore drammatico, cit., pp. 2-6.

  46. Cfr. G. Ricciardi, Avvertenza, in Id., Opere scelte, cit., vol. VII, pp. 391-393; Id., Le tribolazioni d’un autore drammatico, cit., pp. 4-6; BNN, Carte Ricciardi, b. IV. già Diario b. 2, fasc. II; BNN, Carte Ricciardi, b. I. già Fuoruscito b. A1, fasc. III.


This article investigates the dissemination strategies adopted by Giuseppe Ricciardi, a republican patriot and democratic writer, with the objective of ensuring that his oeuvre reached pre-unified Italy in order to encourage popular insurrections against Austrian domination. Due to the vehement political denunciations contained within his work, Ricciardi was compelled to exhibit both considerable inventiveness and persistence in reaching his readership and audience, despite the pervasive censorship prevailing in Italy. Through an analysis of 19th-century periodicals, the author’s publications, his correspondence, and autobiographical manuscripts, this study highlights Ricciardi’s editorial decisions, sending tactics, personal financial investments, and his strategic connections with the press, all of which were instrumental in his efforts to engage and mobilize the Italian public.