Portare la guerra in casa. La contestazione giovanile tra Günter Grass e Philip Roth

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1. Bruciare un cane

Questo è ciò che ho raccontato al mio dentista. A fauci spalancate e di fronte al video che, senza suoni come me, raccontava pubblicità: lacca per capelli rosso antico più biancodelbianco… Ahimè, e il freezer, in cui, tra cartoni di latte e rognoni di vitello, si conservava la mia fidanzata, esalando fumetti: «Tu tienitene fuori. Tu tienitene fuori»1.

Un paradosso di fondo, uno schermo riflettente, prodotti della società dei consumi e un fantasma femminile. Sono questi gli elementi incipitari che bastano a Günter Grass per allestire una piccola sala cinematografica e sottoporre il lettore ad una esperienza psichedelica, degna eredità del Sessantotto. Quando, nell’agosto del 1969, il futuro premio Nobel tedesco aveva consegnato alle stampe il suo quarto romanzo, Örtlich betäubt, si era già addentrato con forza, anticipando i tempi, nel profondo del tema di bande giovanili che si muovono alla rinfusa tra le macerie della Germania arrecando danni e violenza. Nonostante lo spirito della contestazione e l’appello sul «New York Review of Books» del padre della linguistica generativa, Noam Chomsky, avessero destato il suo sincero interesse, Grass non perde occasione di assemblare un nuovo romanzo dalle macerie della struttura della sua produzione precedente, che ne aveva sancito il successo critico e la notorietà, sostenuta dai due cardini della narrativa: coerenza e continuità. Sebbene l’architettura di base crolli, l’autore tedesco gioca a rimuovere le dimensioni, trasferendo il lettore in un mondo onirico, inattendibile, a tratti persino perverso, in cui unico elemento portante e di contatto con la trascorsa Danziger Trilogie è la memoria.
La scaturigine di Anestesia locale non è semplicemente contestualizzata nel suo periodo storico, perché Grass costruisce un ponte tra la sua generazione e quella dei ferventi manifestanti pacifisti, che nelle piazze delle più grandi città mondiali, sospinti dal battezzato inno hippie, Give peace a chance, clamano: «Yankee go home». Infatti, in un’intervista del 2002, conversa nel documentario Truth & Conviction di Matt Whitaker, lo scrittore confessa di essere stato commosso dalla storia del “Gruppo Hubner”, che all’apice del regime consegnava materiale antinazista guidato dal capo appena diciassettenne, Helmut Hubener. La banda fu catturata ad Amburgo, processata e imprigionata, mentre il suo giovane capo fu condannato a morte per ghigliottina come traditore del Reich. Né Grass né gli altri tedeschi avrebbero potuto demistificare in anticipo la propaganda nazista o prevenire l’ascesa di Hitler.
Il peso insopportabile della compromissione è una costante nelle opere grassiane, sin dal primo romanzo, Die Blechtrommel, in cui lo scrittore, dopo un itinerario tra il picaresco e il grottesco, conduce il protagonista alla cantina della cipolla, metafora calzante del posticcio pianto della Germania post-bellica. Così, dallo sgretolamento del suo primo romanzo, Grass decide di salvare un certo Stortebeker, fondatore della “banda dei Conciatori”, della quale Oskar Matzerath diventa la guida sotto il nome di Gesù. Divenuto Eberhard Starusch, professore di storia e lingua tedesca di Berlino-ovest, il vecchio masnadiere compone o, per meglio dire, filma la storia della sua vita con la camera dell’immaginazione, proiettandola nello schermo vuoto dello studio dentistico in cui è sottoposto ad un intervento per la rimozione del tartaro. Il romanzo, diviso in tre parti, di cui la seconda è un tentativo pertinace di far desistere l’alunno Philipp Scherbaum da un attentato terroristico dimostrativo, si presenta a lungo come un dialogo a fauci spalancate con il proprio dentista, stoico lettore di Seneca ed evidente alter-ego del protagonista. Attraverso una tecnica cinematografica e televisiva, Starusch fa rivivere sullo schermo i propri fantasmi, parvenze in continua mutazione, giacché il telecomando è nella sua mente. Proiezioni inconsistenti e impalpabili che costituiscono degli exempla ficta: l’ex fidanzata, il suo tradimento con l’elettricista Schlottau, e il suo presunto omicidio; suo padre, il maresciallo Krings e la fabbrica di cemento in cui Starusch prestava servizio come ingegnere, sono figure che si materializzano, per poi scomparire nella menzogna. Così, la ricerca continua di verità fallisce sul nascere, proprio in quelle fauci spalancate, mute, segnalate nelle prime righe del romanzo.
Non è opportuno soffermarsi in questa sede sull’impianto e le tecniche oniriche che costellano Anestesia. Precipui in quest’analisi sono il cuore del romanzo e il tema di cui si nutre. Terminata la prima seduta del trattamento dentistico, Eberhard Starusch torna al suo domicilio, intento a godersi le quindici settimane di riposo prima che il dottore torni ad anestetizzargli la bocca. Sul ciglio della porta lo attende Philipp Scherbaum, alunno brillante quanto trasgressivo, accompagnato dal suo bassotto, con una dichiarazione urgente di cui renderlo edotto: «Brucerò il mio cane»2.
Bruciare un cane, il proprio cane, Max, perché ai berlinesi piacciono i cani, probabilmente più degli uomini. Non bruciarlo in un posto qualsiasi, ma sul Kudamm, davanti all’Hotel Kempinski, nella piazza dove le impennacchiate divoratrici di dolci sogliono sedersi nei loro abiti e nei loro costumi borghesi. Allora, «Max, quando brucerà, si metterà a correre. Verso i tavoli con i dolci sopra. Forse qualcosa piglierà fuoco. Forse allora capiranno…»3. Bruciare. Ѐ questo ciò che Scherbaum vuole dimostrare, come una creatura può bruciare, così come in Vietnam il napalm arde migliaia di persone. Non un sacrificio, ma una “spiegazione dimostrativa”. La peculiarità del romanzo di Grass, come d’altronde l’emblematica Pastorale americana di Philip Roth, consiste nello smembrare la rivolta. La contestazione giovanile non passa attraverso un gruppo, ma si serve dell’atto esemplare di un singolo sul quale grava un duplice peso: le aspettative della propria generazione e le speranze di riscatto della precedente. La redenzione di Abramo passa per il sacrificio di Isacco, e non è un caso che anche l’intento di Scherbaum resti incompiuto. Ѐ nel diciassettenne Philip che può confidare la professoressa Irmgard Seifert, affinché succeda qualcosa di purificatore, perché nulla cambia:

Questa generazione nuova, senza pesi sulle spalle – mi creda, Eberhard – porrà fine a un incubo che dura da troppi anni. Questi ragazzi vogliono cominciare su basi nuove, non vogliono più essere costretti, come noi, a sbirciare all’indietro, a restare dietro se stessi4.

Una generazione immobile, incapace di distruggere, incapace di ricostruire. Una generazione che ha imparato ad adattarsi per non impegnarsi. La professoressa Seifert si riflette allo specchio. Una credula pecora delle BDR, marchiata dall’ideologia nazista, alla quale sarebbe stato impossibile il rifiuto e inevitabile l’assorbimento. Una donna marchiata da una fervente fede nel Führer, tale da spingerla a denunciare, all’età di soli diciassette anni, un semplice contadino per essersi incrollabilmente rifiutato di concedere il suo campo per l’escavazione di una trincea anticarro. La colpa procura un vuoto, il vuoto va colmato e il fuoco è riempitivo.
Eberhard Starusch si affida al suo dentista e decide di non denunciare il suo alunno, come dapprima, in una fase di sconvolgimento, gli aveva consigliato la collega. Tuttavia, prova a dissuaderlo. La prima mossa consiste nel mostrare a Scherbaum e alla sua ragazza, Vero Lewand, delle diapositive esemplari:

A entrambi mostrai dunque il mio programma: per cominciare, silografie primitive che rappresentavano roghi medievali di streghe e di ebrei. Poi la cottura in olio bollente, per la mortificazione della carne libidinosa […] Poi fotografie documentarie: l’effetto dei primi lanciafiamme, bruciature da fosforo nella seconda guerra mondiale, dettagli di vittime dei grandi incendi e bombardamenti aerei, Dresda, Nagasaki, e infine il rogo volontario di una monaca vietnamita5.

Scherbaum rimane impassibile. La mimesi del proiettore è antropomorfa: che gli uomini brucino è stato digerito, si parla persino di topos della purificazione, ma un cane su cui divampa una fiamma non si è mai visto. Fallito l’esperimento, il professore prova a deviare il progetto originale, consigliando all’alunno di trasferire tutta l’azione a Bonn, sede del governo, in modo da richiamare più attenzione. Il tentativo fallisce ancora. La classe politica e la confusa folla della città interpreterebbero un atto dimostrativo come un pubblico scandalo.
L’unico modo per convincere Scherbaum è continuare a parlare, perché così suggerisce la voce infallibile della coscienza, il medico del tartaro. I discorsi impediscono le azioni, le anestetizzano. L’evoluzione è un processo di piccoli passi: «Forse l’azione è rassegnazione attiva? Qualcosa vuole svilupparsi e si muove appena appena, ed ecco arriva l’uomo d’azione e sfonda i vetri della serra»6. Non può passare inosservato il riferimento al potere vetricida della voce di Oskar Matzerath, protagonista del primo romanzo di Grass e picaro spietato, il quale surrettiziamente muove i fili dei personaggi, segnandone fatalmente i destini. Tuttavia, il bambino col tamburo di latta aveva soltanto attraversato la storia della Germania, rigurgitando tutto il grottesco del mondo borghese degli adulti, al quale è costretto, infine, a piegarsi con la schiena ingobbita. Di uomini d’azione ce ne sono troppi, come afferma, ma Eberhard Starusch non fa parte di essi e, membro della stessa generazione della collega, dimostra la sua inettitudine facendosi manovrare dal suo alter-ego dentista, a cui telefona continuamente.
Il professore quarantenne è intrappolato nel mezzo della dicotomia tra un passato anarchico, ma sterile e il presente mondo borghese, al quale presta i suoi doveri da uomo adulto. La critica della società consumistica della Ricostruzione trapela da ogni pagina del romanzo e dalla sua stessa struttura, ricca di tecniche e titoloni dei mass-media. La stessa costruzione di un passato posticcio tra il glorioso professionale e il grottesco sentimentale è il rigetto psichico di questa dicotomia. Il continuo alludere alla carriera da ingegnere edile nella fabbrica del maresciallo Krings si pone come prova schiacciante del compimento del suo romanzo di formazione. Si tratta però di una prova fittizia e la violenza incanalata nel subconscio si rigetta sullo schermo dello studio dentistico, sotto forma di fotogrammi raccolti a formare l’immagine di una catena da bicicletta che stringe il collo dell’amata Linde. In questo modo, anche le pertinaci imboscate tese a sventare l’attentato di Philipp si pongono su binari opposti: da un lato l’eticamente corretto; dall’altro il bisogno di redenzione che spinge a intervenire per sabotare il proprio stesso fine. Il sistema vigente è nelle mani del ceto borghese, dei figli della guerra: è tutta la società ad essere anestetizzata. Solo un atto novus può innescare il moto di una generazione fallita, adusa ad ogni tipo di orrore:

Lei oggi potrebbe crocifiggere Cristo sul Kurfurstendam nell’ora di punta, diciamo all’angolo della Joachimsthaler, e tirare su la croce, e la gente guarda, fanno le fotografie, se ci hanno l’apparecchio con sé, fanno ressa, se non vedono niente, e quelli dei posti migliori sono contenti perché possono di nuovo commuoversi; ma se vedono che qualcuno brucia un cane, qui, a Berlino bruciare un cane, allora picchiano giù, picchiano finché più niente si muove, e anche dopo continuano a pestarci sopra7.

Scherbaum muove un’accusa perentoria. Il suo professore vorrebbe essere investito dell’onere dell’azione, ma ne è incapace, perché non ha paura, perché è un fallito, ha già tutto il passato alle spalle. Eberhard Strausch gioca la sua ultima carta, servendosi dello spazio d’azione e invita Philipp ad incontrarsi al Kempinski. Lo spettacolo offerto agli occhi dell’alunno è orrido e grottesco. Donne avvolte da sontuose pellicce, immerse in abiti di qualità, sartoriali e ricamati su misura, trangugiano avidamente paste e pasticcini, macchiando le labbra di zucchero, panna e caffè. Le signore guardano, mangiano, e parlano allo stesso tempo, allestendo uno spettacolo poco appetitoso. Si rimpinzano per consolarsi, per tamponare, commentano i due spettatori. Il meccanismo a ingranaggi umani che porta le forchette da dolciumi alle labbra insaziabili delle ingorde imbellettate, il culto del ridicolo e del cattivo gusto al quale hanno consacrato il rituale dei piccoli sorsi e del mignolo lievemente divaricato, suscitano la nausea di Scherbaum, il quale, rispettando un motivo precipuo della poetica di Grass, vomita violentemente e con ripetuti conati sul selciato antistante alla terrazza del Kempinski, fin quasi a soffocare.
L’alunno rimanda temporaneamente il suo progetto e il professore consegue una piccola vittoria. A questo punto è il medico a sciogliere il nodo del romanzo. Starusch conduce Philipp nello studio dentistico dove è sottoposto alla rimozione del tartaro, affidando al suo dentista l’ultimo sforzo dell’opera di dissuasione. Tutta la scena si investe di un significato simbolico. Scherbaum è affetto da una malformazione dentaria ed inizia la profilassi. Il piano corporeo nasconde una semantica morale: il dentista, ipostasi della coscienza di Starush, interviene chirurgicamente per correggere l’errore, costruendo un modello perfetto di un prototipo generazionale in avaria. Nonostante i tentativi di Vero Lewand di inscenare un rapporto sessuale con il professore, proponendosi come frutto acerbo del peccato e giovanissima femme fatale, seduttrice dell’ortodossia borghese, allo scopo di minacciarlo e liberare il suo fidanzato dalle inibizioni da lui suscitate, Philipp si lascia a poco a poco convincere.
Seguendo il modello di Helmut Hubener, apprende l’alfabeto Morse e la stenografia, strumenti che avevano permesso al capobanda di diffondere notizie antinaziste. Eberhard Starush perde ogni intrinseca speranza di elevare la sua carriera di anarchico ad esperienza paradigmatica, anzi è costretto persino a fare i conti con tutta la sua vita:

Anche se non lo farà, comunque ha smosso la nostra merda. Dovrò lasciare il servizio scolastico. E analoghi proponimenti. Come se uno che sta da un bel pezzo dietro la virgola potesse ricominciare da zero. Certo, il desiderio di cambiare le tappezzerie mette un po’ in movimento la bottega, ma che cos’è il movimento. Anche i suoi pesci ornamentali si muovono sempre all’interno dello stesso spazio insufficiente. Un ristagno pieno di traffico8.

La storia è sempre uguale a sé stessa. Ci sono momenti in cui si arriva a pensare che la voglia di cambiare sia il cambiamento stesso, il movimento. La verità smascherata da Grass è che nulla cambia, si continua a nuotare nello stesso stagno, nello stesso spazio stretto. Seneca, “epicureo camuffato”, ricorre alla saggezza per superare le sventure della sua epoca; nel secolo del progresso scientifico l’Arantil allevia ogni menomo mal di denti: il risultato è equivalente.
Eberhard Starusch riceve una telefonata dal suo dentista: «Finalmente ci siamo, il suo scolaro rinuncia». Scherbaum si è definitivamente stagnato, ha richiesto l’anestesia locale. Non brucerà il suo cane, ma assumerà la direzione del giornale studentesco, inaugurando la nuova stagione della sua coscienza con un articolo politicamente impegnato sul confronto tra le attività di Hubener e Kiesinger nel 1942. Il grande successo carpito sarà la concessione di un angolo fumatori per gli studenti, un esito ironico.
Fallito il sacrificio di Max, resta insoddisfatto anche il desiderio di catarsi di Irmgard Seifert, la quale ritira l’autodenuncia, risparmiando ai propri studenti le storie del suo passato di delatrice e istruttrice per bambini di fruizione corretta del bazuca. Intrapresa una relazione con la collega, Starusch accende il rogo delle sue lettere incriminanti. Vero Lewand abbandona la scuola e sposa un linguista canadese. Philipp intraprende gli studi di medicina. Eberhard Starush si addentra nella terza parte del romanzo, giocando a comporre nuove finzioni. Non esiste più un ingegnere Eberhard, ma un operaio di una fabbrica di calcestruzzo. Un flusso di fotogrammi conduce al rogo di un volpino bianco. Grass ricostruisce per sprazzi una trama dei dettagli contingenti del romanzo, delle frasi passate inosservate. Infine, l’ultima proiezione illusoria trasmette l’omicidio della famiglia della sua fidanzata Linde, nella piscina invernale in cui si immagina bagnino. La narrazione si interrompe per seguire brevemente il destino dei personaggi. Starusch dovrà sottoporsi a un nuovo trattamento:

E a me, in basso a sinistra, si formò un nuovo focolaio. Il ponte Degudent fu resecato. Meno sei dovette essere estratto. Il focolaio fu raschiato via. Il mio dentista mi mostrò un sacchetto appeso all’apice della radice, materia serio-purulenta. Niente dura. Sempre nuovi dolori9.

Il male non può essere rimosso alla radice, l’anestesia locale rappresenta un breve sollievo. Günter Grass libera ancora la penna per sferzare con una dura critica la Germania occidentale, divisa tra la compromissione per il proprio passato e l’adattamento a un presente consumistico. La classe intellettuale, impersonata da Eberhard Starusch e Igmard Seifert, è incapace di un’azione rivoluzionaria, mentre la contestazione giovanile non produce frutti, se non uno spazio adibito ai fumatori. Grass si muove in uno spazio letterario scardinato per confutare la riuscita di ogni movimento rivoluzionario. Eppure, l’opera si è costruita in piena campagna elettorale della SPD, con il pieno sostegno dell’autore. La battuta finale pone un contrasto tra la poetica del romanzo e l’intervento politico. Non è un caso che la critica non abbia accolto Anestesia locale con lo stesso entusiasmo del pubblico. Secondo Horst Kruger e Marcel Reich-Ranicki10, Grass avrebbe ridotto la rappresentazione dei movimenti studenteschi a un problema di pubertà, ridicolizzando il fenomeno storico. Gode Japs definisce lo scrittore un reazionario che col suo quarto romanzo si è voluto assicurare l’applauso del pubblico borghese. Al di là dei dubbi sull’efficacia della sua formula politica, va comunque riconosciuto al premio Nobel del 1999 il merito di aver costruito un’opera sui generis sul piano stilistico, in piena corrente del Sessantotto su quello tematico.

2. Dramma americano, dramma famigliare

Nel 1997, a circa trent’anni dalla proposta di Günter Grass, Philip Roth ritorna sul tema con lo sguardo retrospettivo di chi si pone alla ricerca delle tracce di un passato collettivo. Comincia così la sua rabbiosa indagine della storia americana, attraverso la storia dell’americano, con la pubblicazione di American Pastoral, primo tassello della trilogia e meritevole del premio Pulitzer.
Come in Anestesia locale, il romanzo di Roth è una grande finzione, la quale invece di scardinare e distruggere lo spazio letterario e la logica del reale, come direbbe il Manzoni, rifà le punte alla carcassa morta di un passato taciuto. L’alter-ego dell’autore, lo scrittore Nathan Zuckerman, già apparso ne Lo scrittore fantasma, incontra il suo mito sportivo dell’infanzia, Seymour Levov, soprannominato “lo Svedese” per la sua stazza nordica, in una sera dell’estate del 1985, durante una partita di baseball:

Lo Svedese. Negli anni della guerra, quando ero ancora alle elementari, questo era un nome magico nel nostro quartiere di Newark, anche per gli adulti della generazione successiva a quella del vecchio ghetto cittadino di Prince Street che non erano ancora così perfettamente americanizzati da restare a bocca aperta davanti alla bravura di un atleta del liceo11.

L’incipit del romanzo delinea subito i punti tematici della storia. La vita dello Svedese, ragazzo brillante negli anni della Seconda guerra mondiale, di cui pure riesce ad ottenere una goccia di gloria arruolandosi nel corpo dei marines a conflitto quasi concluso; una formazione figlia dell’America dei suoi tempi e della grande vittoria; il quartiere ebraico di Newark, che introduce sia al confronto tra culture diverse, quella ebraica e quella americana, e all’adesione della prima alla seconda, sia ai limiti imposti a Seymour dalla futura condizione di borghese. Infatti, il signor Lou Levov, durante gli anni della guerra aveva messo in piedi una fabbrica di guanti di pelle, passando dapprima come lavoratore in una conceria, poi in una piccola fabbrica di borsette, migliorando la condizione di suo padre, il nonno di Levov lo Svedese, arrivato a Newark nel 1890 in cerca di fortuna:

Il signor Levov era uno di quei padri ebrei cresciuti negli slum la cui visione delle cose rozza e incolta ha pungolato un’intera generazione di figli combattivi educati nei college: un padre per il quale ogni cosa è un incrollabile dovere, per il quale c’è la ragione e il torto e, in mezzo, nulla, un padre il cui miscuglio di ambizioni, pregiudizi e convinzioni è talmente refrattario alla riflessione da rendere il tentativo di sfuggirgli più difficile di quello che sembra. Uomini limitati provvisti di un’energia illimitata; uomini pronti a esserti amici e altrettanto pronti a stufarsi di te; uomini per i quali l’unica cosa più seria nella vita è andare avanti malgrado tutto12.

Roth traccia una rotta di generazione in generazione. Le fondamenta, la struttura e l’apice da mantenere. Lo Svedese incassa un’eredità alla quale diventa indissolubilmente legato. Non si tratta soltanto di un lascito economico, l’industria di guanti di pelle, ma di una tradizione di precetti morali e doveri professionali.
Il mito dell’eroe liceale induce Zuckerman a giudicare perfetta la vita del Seymour. Come non potrebbe essere altrimenti. Lo Svedese sin da giovane si confaceva al perfetto modello americano. Un americano vero al quale nulla sarebbe stato impossibile nella vita. Aveva persino sposato una shiksa, Dawn Dwyer, Miss Contea di Union, Reginetta di Primavera a Upsala e concorrente ad Atlantic City per il titolo di Miss America 1949. Inoltre, lo Svedese è uno “strumento della storia”, il suo successo non rappresenta solo una condizione individuale, ma il riscatto dell’intera comunità ebraica, la quale a dir il vero venera il primato accademico, mentre lo sport è «aggressione fisica, anche se dissimulata da tenute sportive e norme ufficiali, priva d’intento di nuocere agli ebrei»13.
Qualche settimana dopo il loro incontro Zuckerman riceve una lettera. Levov lo invita a cena, probabilmente vuole raccontargli la sua storia. Ha ricordato che Skip, come una volta lo aveva chiamato, irradiando su di lui un po’ del suo splendore, è diventato uno scrittore e, forse, vuole che scriva per lui una biografia. Tuttavia, il secondo incontro è deludente. Lo Svedese evita di approfondire le ragioni della morte del padre e lascia che la comunicazione sia condotta da silenzi e soliti cliché. Zuckerman è colto dall’idea che in quei silenzi si nasconda qualcosa: la sua vita non deve essere stata perfetta. Solo alla quarantacinquesima riunione degli ex allievi della scuola l’arcano viene svelato. Jerry Levov, fratello di Seymour, amico di lunga data di Nathan e medico di grande fama professionale e dubbia morale, con quattro matrimoni alle spalle, è lì di passaggio, sta andando al funerale del fratello. Ritrovatisi dopo moltissimi anni, Zuckerman, sconvolto dalla notizia della morte del suo campione, apprende che la sua vita è stata distrutta dalla figlia Merry, “la terrorista di Rimrock” che ha fatto saltare in aria l’ufficio postale, uccidendo il dottore del paese; la studentessa che per fermare la guerra in Vietnam, animata dallo spirito rivoluzionario del Sessantotto, ha oltrepassato il limite macchiandosi di omicidio:

Era il ’68, quando la ferocia di certi comportamenti era una novità. Quando la gente si trovò improvvisamente costretta a trovare un significato alla follia […] Ragazzi che mettono il paese sottosopra, e così anche gli adulti continuano a impazzire […] Mio fratello non ha più potuto voltare le spalle a quella bomba. Quella bomba ha fatto esplodere la sua vita. La sua vita perfetta era finita. Proprio quello che voleva lei. Ecco perché gliel’avevano giurata, la figlia e i suoi amici. Lui era innamorato della fortuna che aveva avuto, e loro lo odiavano per questo14.

L’ordigno detona in maniera dirompente, sgretolando la facciata della grande società americana del dopoguerra, la quale sotto le apparenze nasconde uno scheletro fatiscente: le medesime certezze che gremiscono la vita di Seymour. Come in Anestesia locale, anche se in maniera più consistente, la contestazione giovanile si infrange sulla gioventù della guerra, di cui Eberhard e lo Svedese sono esponenti, uno della sconfitta, l’altro della vittoria. Eppure, entrambi i protagonisti condividono le idee della propria discendenza, ma non sono in grado di supportarle o attuarle, perché sospesi in un libro tra una formazione coatta compiuta e una spinta ribelle repressa. Lo Svedese è un conformista schiacciato dai sogni di grandezza del padre ai quali deve soggiacere. Le uniche trasgressioni ai voleri del padre sono state il suo secondo matrimonio con Dawn, per il quale si è dovuti scendere a compromessi, e il trasferimento nel New Jersey.
La stessa balbuzie di Merry, identificata dal suo psichiatra come un disturbo simulato, una chiusura volontaria per deviare le attenzioni di una famiglia di perfezionisti sempre insoddisfatti, potrebbe rimarcare proprio una mancata aderenza col modello genitoriale, ossia un’avaria nel processo di omologazione conformista. Non è un caso che solo l’assemblaggio degli ordigni sia frutto di sollievo per il linguaggio della sedicenne. La balbuzie e la corruzione guariscono con la stessa medicina: il fuoco. Questa volta il sacrificio non è di un cane. Sull’altare giacciono un uomo in carne ed ossa, una famiglia e la sua felicità, le istruzioni d’uso di una nazione.
Merry Levov e Phillip Scherbaum sono rappresentanti di una generazione in tumulto. Hanno letto il Manifesto di Marx, ergono a proprio modello personaggi d’azione, Angela Davis ed Helmut Hubener; i loro progetti rivoluzionari nascono dall’incapacità di digerire le ingiustizie, di sopportare l’idea delle fiamme che divampano dal Vietnam. La differenza sostanziale è nell’azione. Il dentista aveva rivelato a Starush: «Rinuncia a spese sue, professore. Ma lei non ci dia peso. Il ragazzo ha detto che non vuole finire a quarant’anni, come lei, a vendere di casa in casa le imprese di un diciassettenne»15.
Scherbaum si lascia vincere e inghiottire dal mondo dei grandi pur di non concedere loro alcuna soddisfazione. Nessuna assoluzione. Tuttavia, il suo fallimento non nuoce a nessuno, è un sottile rumore senza botto. Al contrario, la bomba innescata dalla “terrorista di Rimrock” è un botto dal rumore lieve. L’attentato non cambia nulla, la guerra in Vietnam prosegue. Il dramma è famigliare, ma costringe Seymour Levov ad osservare il crollo repentino del suo solido mondo, sostenuto dal grande sogno americano:

Tutta quella normalità interrotta da un delitto. Tutti i piccoli problemi che una famiglia si aspetta d’incontrare esagerati da una cosa con la quale non sarà mai più possibile riconciliarsi. […] La figlia musona, arrabbiata, sputa-veleno, alla quale non interessava per niente essere la prossima dei fortunati Levov, che lo stanava dal suo nascondiglio come se il fuggiasco fosse lui, iniziando lo Svedese all’ostracismo di un’America completamente diversa, una figlia e un decennio che avevano mandato in mille pezzi la sua particolare forma di utopia […] La figlia che lo sbalza dalla tanto desiderata pastorale americana e lo proietta in tutto ciò che è la sua antitesi e il suo nemico, nel furore, nella violenza e nella disperazione della contropastorale: nell’innata rabbia cieca dell’America16.

Seymour Levov viaggia a ritroso nella sua memoria. Ricerca l’origine del male, individua un comportamento promiscuo, la soddisfazione di un desiderio infantile: «Baciami come b-b-baci la mummummamma»; e la molla azionante il gesto estremo: il sacrificio esemplare di un monaco settantenne, arso nelle fiamme alimentate dalla benzina di cui si era cosparso, trasmesso alla televisione. Lo Svedese non rinuncia a sua figlia, rifiuta di credere che sia diventata un’assassina, e nel tragitto per ritrovarla si para davanti Rita Cohen, una piccola ragazzina che afferma di conoscere il luogo in cui Merry si è nascosta dopo la fuga.
Levov si trova vittima di una serie di accuse e di una serie di giudizi su sua moglie e la sua famiglia, ma la sua prima illazione rivela una puntura velenosa diretta alla vana retorica della contestazione giovanile: «Lei non sa niente. Lei non sa niente di niente. Non sapeva nemmeno cosa fosse una fabbrica finché non gliene ho mostrata una io!»17. La stessa critica era già ravvisabile nella pellicola italiana del 1971 diretta da Elio Petri, La classe operaia va in paradiso, con protagonista Gian Maria Volonté. Lo stesso scrittore e sceneggiatore, Ugo Pirro, aveva ammesso in una lunga intervista a Enzo Latronico: «Noi di sinistra, effettivamente, non sapevamo un cazzo della fabbrica, o meglio, ci sfuggiva la vita degli uomini dentro la fabbrica, della catena di montaggio, della vita, dei ritmi di lavoro e dei loro ragionamenti. In effetti, chi c’era mai stato dentro una fabbrica?».
Lo Svedese resta intrappolato nei ricatti economici della “ragazzina strafottente”. Quando finalmente crede di essere riuscito a scovare il luogo in cui si nasconde sua figlia, consegnandole la somma pattuita, Rita Cohen si lascia cadere sul letto della camera d’albergo dove era previsto l’incontro, ed inscena un autoerotismo provocatorio e seduttivo. Analogamente a Vero Lewand, la femme fatale persegue nel suo scopo di scacciare le sue vittime dal paradiso in cui si sono rifugiate, anestetizzando la loro morale per rivelarne la ridicola rigidità degli istinti. Come per la sedicenne incantatrice di Grass, il tentativo è vano. Seymour contatta l’FBI, proprio sul punto di cedere, ma la sua seduttrice è scomparsa.
Solo nel 1973 una lettera inaspettata firmata da Rita Cohen l’informa della presenza di Merry a Newark. Tuttavia, il ritrovamento di sua figlia è un colpo più doloroso della sua perdita:

Quella che vedeva là seduta non era sua figlia, una donna o una ragazza; quello che vedeva, vestito da spaventapasseri, scheletrico come uno spaventapasseri, era il più magro emblema della vita che si potesse trovare in un’aia, la parodia di un essere umano, qualcosa di così poco somigliante a un Levov che avrebbe potuto ingannare solo un uccello18.

Meredith Levov si è convertita al giainismo, una setta religiosa indiana relativamente piccola. In nome di questa religione indossa il velo, per non nuocere ai microscopici organismi dell’aria; ha smesso di curarsi dell’igiene e di uscire quando è buio, in modo da non calpestare gli insetti; vive in un tugurio stretto e lurido. Tutto ciò per Merry si chiama «autosufficiente beatitudine per tutta l’eternità»19.
Più del drastico cambiamento della figlia, ragazza paffuta e sovrappeso nella sua adolescenza, ora sparuta e macilenta, è la sua drammatica storia a sconvolgere lo Svedese. La vita di Merry è gremita di sangue, stupri e solitudine. La verità si manifesta chiara a Seymour, non può più eluderla: la violenza scorre nel sangue di sua figlia. Si è resa complice di due attentati in Oregon, tre il computo delle vittime. Preso atto del suo fallimento, Levov si abbandona ad un feroce impulso e si avventa sulla gracile figura che ha di fronte:

Anche nel buio di quella stanza lo Svedese, quando fu sopra di lei, capì bene chi era […] Se non era più bollata come Merry Levov dalla balbuzie, era individuata inconfondibilmente dagli occhi. Nelle occhiaie profondamente scavate, gli occhi erano quelli dello Svedese. Suoi erano gli occhi e sua la statura. Quella creatura era tutta sua. Il dente che mancava le era stato tolto o spaccato20.

La violenza causata e subita si riversa tutta sul corpo marcio, abbandonato alla morte, così come vuole il principio giaina del shalla khana. Se è impossibile sconfiggere l’America, Merry distrugge il suo prodotto perfetto, la famiglia Levov, e sé stessa «la figlia della quarta generazione per il quale l’America doveva essere il vero paradiso»21:

Tre generazioni. Tutte avevano fatto dei passi avanti. Quella che aveva lavorato. Quella che aveva risparmiato. Quella che aveva sfondato. Tre generazioni innamorate dell’America. Tre generazioni che volevano integrarsi con la gente che vi avevano trovato. E ora, con la quarta, tutto era finito in niente. La completa vandalizzazione del loro mondo22.

La vita perfetta dello Svedese va in frantumi. Sua moglie Dawn si è ripresa dal trauma solo a seguito di un intervento di chirurgia plastica, lo ha convinto a traslocare e nasconde un amante, il vicino Bill Orcutt; Sheila, donna con la quale aveva intrapreso una breve relazione clandestina e che aveva aiutato Merry a superare la balbuzie, ammette di averla nascosta in casa a seguito dell’attentato, e di essersi concessa a lui solo per indagare possibili abusi sulla ragazza. Quella bomba ha innescato un meccanismo, nulla può essere più come prima, nemmeno lo Svedese, nemmeno l’America. Le colonne della società colano rapidamente a picco, ma gli amici dei Levov non fanno altro che ridere, godendo naturalmente nel constatare la fragilità di cose che si credevano robuste. Il paradiso è perduto. L’ultimo sospiro del romanzo di Roth non può che dissolversi in una drammatica domanda:

Sì, si era aperta una breccia nel loro fortilizio, persino nella sicura Old Rimrock, e ora che era aperta non si sarebbe più chiusa. Non si riprenderanno mai. Tutto è contro di loro, tutto ciò e tutti coloro che non apprezzano la loro vita. Tutte le voci che dall’esterno condannano e ripudiano la loro vita! Ma cos’ha la loro vita che non va? Cosa diavolo c’è di meno riprovevole della vita dei Levov?23.


  1. G. Grass, Anestesia locale, Torino, Einaudi, 1971, p. 9.

  2. Ivi, p. 132.

  3. Ibidem.

  4. Ivi, p. 136.

  5. Ivi, p. 140.

  6. Ivi, p. 146.

  7. Ivi, p. 170.

  8. Ivi, p. 211.

  9. Ivi, p. 267.

  10. Cfr. H. Krüger, Kein Geschmack für Ort und Augenblick, in «Die Zeit», 22 agosto 1969; R. Reich-Ranicki, Eine Müdeheldensoße, in «Die Zeit», 29 agosto 1969.

  11. Ph. Roth, Pastorale americana, Torino, Einaudi, 2013, p. 5.

  12. Ivi, p. 14.

  13. Ivi, p. 5.

  14. Ivi, p. 75.

  15. G. Grass, Anestesia locale, cit., p. 228.

  16. Ph. Roth, Pastorale americana, cit., pp. 93-94.

  17. Ivi, p. 146.

  18. Ivi, p. 258.

  19. Ivi, p. 251.

  20. Ivi, p. 288.

  21. Ivi, p. 133.

  22. Ivi, p. 256.

  23. Ivi, p. 458.


The essay examines how two novels written in different periods, Örtlich betäubt (1969) by Günter Grass and American Pastoral (1987) by Philip Roth, represent the student uprisings of 1968 and the explosion of the anti-war terrorist phenomenon. Grass and Roth shatter a present plagued by the past by building the narrative on concrete components, alienating items of consumer culture, and intellectual elements, traditions on which the decaying facade of bourgeois existence is based. Through a comparative analysis, the article points out that in both cases the new generation’s epic converges in the story of a single person who is given the task or the punishment of destroying the existing social order. Nevertheless, the result of the critical comparison is the identification of two different conceptions of History: the rebel Phillipp Scherbaum represents the static nature of the world, while Marry’s bomb produces a shock too strong to restore the order of things.