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Tetsuo: il cyberpunk e il corpo, una chiave di lettura nipponica

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Lo scopo di questo elaborato è dimostrare, attraverso un’analisi di Tetsuo: The Iron Man di Shin’ya Tsukamoto, il modo in cui la cinematografia nipponica d’animazione (e non) abbia recepito l’immaginario cyberpunk, nato in ambiente occidentale, al punto da farlo proprio e svilupparlo in modo originale. Gli elementi dell’immaginario cyberpunk risultano conseguenza di eventi che hanno segnato la cultura giapponese, ma che comunque possiamo ravvisare anche in altre società geograficamente e culturalmente distanti come quella occidentale. Nella cultura cyberpunk, qui analizzata in una sua declinazione tutta orientale, illustriamo come il corpo venga trasfigurato da impianti metallici che distruggono la sua armonia di leonardiana memoria. Nonostante ciò, l’essere di metallo è ancora uomo, con le sue pulsioni congenite, come il sesso. Anzi, l’immaginario cyberpunk è fortemente sessualizzato sia da figure femminili che da figure maschili, in grado di compiere azioni impensabili per un normale essere umano grazie a splendenti impianti metallici1.
Nel corso dei secoli, l’essere umano ha visto progressivamente l’evoluzione delle modalità di percezione del sé, una percezione che in alcuni casi trascende i limiti fisici del corpo singolo. Nel Medioevo2, ad esempio, un periodo che rappresenta un ottimo termine di paragone per il nostro ragionamento, è l’anima l’essenza dell’uomo, parte intangibile del sé che raccoglie pensieri, volontà, sentimenti e lo distingue dal resto degli altri esseri viventi. In questa tradizione di pensiero di eredità platonica3, l’anima, però, essendo di matrice divina, non è conoscibile attraverso i sensi, giacché essi sono limitati. In tempi più recenti, l’impatto degli strumenti di cui facciamo uso, che siano di natura fisica o virtuale, sta implicando una profonda mutazione antropologica che li rende quasi vere e proprie protesi corporee4. Negli anni Venti del Novecento, Dziga Vertov aveva elaborato il concetto di “cineocchio”, messo in scena nell’omonimo lungometraggio del 1924. Secondo il regista russo, gli strumenti cinematografici, in primis la cinepresa, potenziavano l’occhio umano a tal punto da produrre un uomo «più perfetto di Abramo»5. La corrente di pensiero postumano, poi, nata negli anni Settanta e teorizzata dal lavoro di Robert Pepperell6, che ne elabora un vero e proprio manifesto, include al suo interno una congerie di interpretazioni che vanno oltre la visione ‘unitaria’ dell’uomo e che condividono una posizione antitetica rispetto a quella idea millenaria che poneva l’uomo al centro di un sistema mimetico a guisa di Dio. Questa visione è stata delineata in numerose modalità nel corso degli anni, ma il nostro lavoro approfondirà l’aspetto sociologico della cultura cyberpunk che, diffusasi negli anni Ottanta nel mondo occidentale e in Giappone, ha indugiato sull’immaginario della fusione simbiotica tra essere umano e tecnologia.
Il Giappone è stato infatti uno dei paesi in cui questa cultura ha avuto, e tuttora ha, maggiore successo, attraverso la produzione di film, manga e anime. Il cyberpunk, nella sua versione orientale, ha impattato sull’idea del progresso tecnologico con numerosissime opere che hanno come soggetto la fusione uomo-macchina (tra le più riuscite vanno citati il manga Akira di Katsuhiro Ōtomo e l’anime Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno7). L’emersione di questo tipo di opere, in Giappone, è probabilmente da leggere anche negli effetti di lunga durata della catastrofe nucleare sull’immaginario nipponico8. La peculiarità di una pellicola del genere è di mettere in scena lo smembramento del corpo organico attraverso ciò che è inorganico per eccellenza: il metallo, e su questo costruisce una riflessione sull’umano.
Tetsuo: The Iron Man è un film del 1989 di Shin’ya Tsukamoto ambientato nella metropoli giapponese di Tokyo. È la tortuosa storia di un “feticista del metallo” (il vero nome non viene mai rivelato nel film) che adora impiantarsi nel corpo viti, bulloni e quanto altro di natura metallica. Durante una ennesima applicazione il suo corpo inizia a rigettare uno dei recenti impianti. Sulla scena appare una ferita piena di vermi, il feticista, interpretato dal regista e dunque latore della sua visione del mondo9, scappa spaventato e viene investito da un’auto di passaggio.

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Tsukamoto Shin’ya, Tetsuo [The Iron Man], Kaijyu Theatre, 1989.
Il feticista in procinto di impiantarsi un tubo metallico nella coscia.

L’automobilista, insieme alla sua compagna, decide di gettare il corpo dell’anonimo, ritenuto ormai senza vita, in un bosco per evitare di allertare le forze dell’ordine. I due, inoltre, rendendosi conto che l’uomo investito è ancora vivo, fingono di amoreggiare affinché i ricordi del feticista possano essere confusi. Da questo momento inizia una graduale trasformazione dell’automobilista, Tetsuo, in una sorta di uomo di metallo. Il primo ‘sintomo’ è un piccolo condensatore che spunta sulla guancia notato mentre si rade la barba. L’acme verrà raggiunta quando il suo membro, in un momento di eccitamento, si trasforma in una fresa rotante con cui penetra la fidanzata, uccidendola. Successivamente, completata la sua trasformazione in un essere composto più da metallo che da carne, inizia lo scontro con il feticista artefice della trasformazione. I due finiranno per fondersi in un’enorme creatura biomeccanica che minaccia di seminare morte e distruzione nel mondo.
Sul piano strutturale, il film ha un inizio in medias res: noi spettatori non siamo a conoscenza del passato dei protagonisti né delle motivazioni che li spingono a compiere le azioni che innescheranno poi l’esito della vicenda. Non viene spiegato il motivo per cui il feticista si comporti in questo modo nei confronti di tutto ciò che è metallico e perché si trovi a essere investito da Tetsuo; soprattutto non c’è una spiegazione alla trasformazione/fusione finale tra i due personaggi. Il senso di ‘incertezza’ in cui versa lo spettatore è alimentato anche dagli aspetti più tecnici del lungometraggio. Primi piani che abbondano e concorrono a non collocare i personaggi in un luogo ben preciso ma a caratterizzarli in una scena angusta, un accompagnamento musicale simile a un insieme disarmonico di suoni che trasmette una sensazione di disturbo nello spettatore. Questa sensazione è sottolineata anche nell’analisi di Daniele Dottorini: «il bianco e nero è secco e contrastato, gli stacchi di montaggio sono rapidi, inattesi, disturbanti. […] Il corpo è già inserito, sin dalle prime inquadrature di Tetsuo: the iron man, in un sistema di relazioni inquetanti»10. Questi elementi tipici di un susseguirsi non didascalico della fabula e dell’intreccio rendono Tetsuo una pellicola “moderna” secondo quelle che sono le «marche distintive» proposte da Paolo Bertetto11.
Nella prima parte del film, gli impianti metallici sono semplici aggiunte nel corpo di Tetsuo, ma col procedere della pellicola questi divengono elementi caratterizzanti al punto da influenzare anche la psiche del protagonista. A una carne avvolta e fusa nel freddo metallo corrisponde un cervello altrettanto freddo, violento e ‘de-umanizzato’ che ha perso ogni traccia di sentimenti tipicamente umani come la compassione o l’amore. L’uomo elaborato da Tsukamoto ha perso completamente ogni suo tratto ‘caldo’ e organico. Anche l’aspetto che più è legato alla carne come il sesso è diventato di metallo e l’unica azione che più si avvicina a esso è la fusione, dal carattere anche omoerotico12, col feticista. Questo processo di ‘metallizzazione’, come detto, lo subisce anche l’atto sessuale, in questo caso reso con una fredda fusione tra i due corpi che dà vita a un ammasso disomogeneo di metallo pronto a diffondere distruzione nella società.

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Tsukamoto Shin’ya, Tetsuo [The Iron Man], Kaijyu Theatre, 1989.
La fusione finale tra il feticista (in alto) e Tetsuo (in basso).

Il termine “metallo” è qui utilizzato come una sineddoche del concetto di tecnologia e progresso, esso è quindi espressione di un contesto che ha bisogno di un ordine preciso per funzionare (l’immagine a cui si fa riferimento è quella di un movimento di un orologio in cui i metallici ingranaggi sono perfettamente incastrati tra loro)13. Questa visione non trova però collocazione in Tetsuo: The Iron Man. In esso, infatti, viene meno anche il concetto di ordine da sempre accostato alla rappresentazione visiva delle macchine come in Metropolis di Fritz Lang o la celebre scena degli ingranaggi in Tempi moderni di Charlie Chaplin. Il regista rappresenta la rottura dell’ordine meccanico e della ripetizione di movimenti che può essere rappresentata dalla tecnologia. Rompendo questa ‘routine metallica’ è come se volesse disinnescare il senso di familiarità di cui la società umana ha bisogno. Il Feticista finale (che è in questo articolo figura di rilievo), attraverso il dichiarato attacco al mondo intero, tenta di rompere ogni tipo di consuetudine che ha reso la società così com’è.
Questa ‘volontà di distruzione’ è sicuramente dettata dalla maggiore influenza che il personaggio interpretato da Tsukamoto esercita. Il risultato finale può essere considerato come un tentativo da parte del regista di unire, con tutte le contraddizioni di questa azione, la figura di un uomo completamente integrato nella società con un emarginato. Il primo non è solo parte integrante della società grazie a un lavoro (rappresenta la tipica figura del salaryman giapponese)14, ma soprattutto grazie alle sue pulsioni di carattere sessuale in linea con quelle accettate dalla società occidentale di fine anni Ottanta (in primis l’eterosessualità); al contrario lo spettatore vede più volte il feticista contraddire questo ‘dogma’, in particolare nella scena precedente l’incontro finale con Tetsuo in cui fa un massiccio uso di trucco sul proprio volto (questo gesto ovviamente non ha un significato univoco, in Giappone l’uso del trucco è strettamente collegato al teatro tradizionale Kabuki e i personaggi che ne fanno più abbondante uso sono coloro che interpretano figure demoniache). Esso può essere letto come sintomo di una certa fluidità sessuale rispetto al contesto giapponese15. La volontà di distruzione del nuovo essere è da interpretare come la volontà del regista di ricondurre il cervello umano a un organo come tutti gli altri. È possibile ravvisare una visione simile a quella dell’“uomo neuronale”, che considera «i processi che conducono alla conoscenza (la percezione, la memoria, l’apprendimento, l’immaginazione, il linguaggio, il ragionamento, la progettazione intenzionale di azioni etc.), e più in generale i processi mentali (pensieri, coscienza, emozioni, etc.), come dei fenomeni naturali»16 e non un qualcosa di alieno alla fisicità umana.
Il metallo assume un ruolo ben preciso nella dinamica del film analizzato. La carne, unita al metallo, raggiunge un livello superiore, come se questa unione permettesse all’essere umano di trascendere i suoi limiti e assurgere a una sorta di stadio evolutivo successivo. Tale evoluzione però non ha alcun elemento trascendentale tipico dello shintoismo o della filosofia Zen17. Ogni usuale concezione di ‘miglioramento’ viene qui distrutta: Tetsuo ormai “uomo di ferro” non ha nulla di armonico18, anzi difficilmente si riesce a scorgere il suo viso ormai ricoperto da viti, scaglie metalliche o condensatori. La forza di questo homo novus è l’esser composto di materiali di cui le nostre metropoli sono piene, anzi, sono le fondamenta di esse; un essere del genere è organico rispetto alla metropoli e non più alla Natura intesa come insieme di esseri viventi. Ci troviamo dinanzi ad un uomo che è diventato la metropoli in ogni suo aspetto sia fisico, appunto il metallo, che mentale, freddo e spietato. Nonostante la violenza che ha subito la carne, il processo di evoluzione di Tetsuo avviene attraverso l’atto che più accomuna gli esseri viventi di ogni specie: l’accoppiamento. Questa unione non darà frutto ad un terzo risultato avente i tratti caratteristici dei due esseri che si sono ‘assemblati’, ma porterà all’annullamento di coloro che si sono fusi per dar vita a un unico ammasso di carne e metallo che però porta i volti di entrambi i personaggi (la collocazione del feticista nella parte alta della creatura biomeccanica, il ‘busto’, è probabilmente una rappresentazione della prevalenza della sua volontà rispetto a quella di Tetsuo, salaryman piegato dalla società che lo circonda).
Come anticipato, il sesso assume un ruolo fondamentale all’interno di questo film. Potrebbe sembrare quasi un controsenso dato il contesto industrial che avvolge l’intera narrazione. Il legame tra sesso e ‘metallo’ non è assolutamente originale, il primo tentativo in questa direzione fu compiuto dal regista austriaco naturalizzato statunitense Fritz Lang nel suo celebre film Metropolis del 1927. Così ne parla Steven T. Brown:

Are robots sexy? […] scores of science fiction films and anime have offered affirmative responses to this question. In Lang’s Metropolis, the inventor Rotwang (played by Rudolf Klein-Rogge), who embodies the film’s tension between the Gothic and the modern, […] creates a female robot, or gynoid, to serve not simply as a suitable replacement for human workers that would never tire or make mistakes, but more importantly for Rotwang, who is also a modern Pygmalion, as a substitute for his former lover, Hel […]19.

Già dalle prime riflessioni sul rapporto uomo-macchina, la sessualità rappresenta un argomento cardine per chi vi si relaziona. Lang, tra i primi a rappresentare questo binomio su pellicola, pone e rappresenta un problema perturbante per l’uomo: può qualcosa di così simile a una donna essere sessualmente appetibile? Brown approfondisce a riguardo: «[Maria] performs an erotic dance staged by Rotwang at the Yoshiwara Nightclub in an effort to corrupt and sow discord among the affluent white men who inhabit the upper echelon of the Metropolis»20. In questo passo lo studioso mette in evidenza il modo in cui un essere artificiale riesce ad apparire sensuale anche a chi non ha un rapporto ‘affettivo’ con esso, come il dottor Rotwang. Questo essere ginoide utilizza un insieme di movimenti coordinati e sensuali quale può essere, appunto, la danza. Se il contesto erotomeccanico (calco dall’erotomechanical del già citato Brown) in Metropolis è per lo più allusivo e visivamente canonico (in una visione binaria della sessualità propria della prima metà del Novecento), in Tetsuo il sesso assume un aspetto contrastivo e diventa spazio in cui liberare ogni tipologia di desiderio:

[…] per Tsukamoto, lo sfogo di ogni pulsione avviene prima di tutto nella sfera erotica: le trasformazioni dei protagonisti dei suoi film partono sempre dagli organi sessuali e in questo senso rivelano un debito, spesso nascosto, nei confronti delle protagoniste femminili, la cui figura è fortemente erotizzata e strettamente connessa alla presenza della morte21.

La figura femminile, rappresentata dalla fidanzata di Tetsuo, è anch’essa vittima del fenomeno di ‘metallizzazione’ intrapreso dal feticista che caratterizza l’intera pellicola. La donna infatti appare in sogno sotto forma di dominatrice che utilizza un oggetto fallico per sodomizzare il protagonista. Secondo Brown:

[…] an element of homoeroticism is introduced by implying that the she-male body of the girlfriend has been possessed in some way by the metal fetishist, as suggested by the darkened skin tone of the girlfriend in the dream. […] When the salaryman [Tetsuo] dreams of being sodomized by his girlfriend, the girlfriend comes to serve as a channel or medium through which the salaryman has sex with the metal fetishist22.

Ma al tempo stesso Sangalli ritiene la figura femminile fondamentale nel processo trasformativo di Tetsuo: «nell’opera del nostro regista è dunque la donna a segnare, nel bene e nel male, la trasformazione del protagonista maschile sia essa una mutazione fisica o puramente attitudinale»23. La messa in scena del sesso maschile è di carattere differente. Tetsuo e il feticista rappresentano la crisi del concetto di mascolinità vigente, i due in più occasioni mostrano atteggiamenti omoerotici sublimati nella fusione fallica alla fine del film. Il metallo diventa un modo per rafforzare ciò che è debole, in questo caso la carne umana e in particolare l’organo specifico della mascolinità: il membro. Però, sarà lo stesso ‘corpo armato’ a rappresentare una minaccia contro l’umanità che durante tutto il film è semplicemente stata all’oscuro delle azioni dei due protagonisti. Il corpo viene pensato in termini totalmente innovativi, fornendo l’occasione di «nuove, anche inquietanti, aperture»24.
In questa fusione, quindi, cosa resta del cervello in quanto organo cardine dell’umano secondo una visione razionalista? Il cervello è ancora il centro dell’agire umano all’interno di Tetsuo. Esso è come il core principale dell’ammasso metallico, al punto che, dopo la fusione, il mostro metallico ne presenta due: uno ‘alto’ e uno ‘basso’. Tale dislocazione sembrerebbe rimandare a un’idea di conservazione del dualismo cartesiano, nonostante la spinta, pressante in tutto il film, verso la sua distruzione. In questo modo è come se si ammettesse una sorta di sconfitta di quella spinta, gli sforzi di Tetsuo e del feticista non riusciranno a distruggere un modello così radicato. Il cervello è ancora la sede dell’essere, eppure è oggetto di una tendenza allo smembramento che lo spoglia di quell’alone pseudodivino che ha avuto nella storia del pensiero:

The desire for disembodiment typically presupposes contempt for the obsolete human body and a yearning to escape death by discarding or annihilating the body in favor of some higher, transcendent state of being, whether spiritual or software, free of mortal and biological constraints25.

Brown ritiene che, nonostante tutto, il desiderio di elevarsi è congenito all’essere umano, di qualsiasi materiale sia egli composto. Non esplicita in che direzione vada questa tendenza al miglioramento, ma sicuramente ha come scopo quello di superare i confini biologici imposti dalla Natura. Il cervello resta intatto con la congerie di funzioni che lo caratterizzano. La res extensa subisce la più grande mutazione e al tempo stesso degradazione, il corpo è infatti ora soltanto utile a contenere questo grigio organo sede di tutti i nostri pensieri, paure, desideri e quant’altro. Dell’antica armonia, delle antiche proporzioni non è rimasto nulla, ormai il corpo può essere deturpato in ogni sua parte. L’uomo contemporaneo metallico deve badare soltanto a quello che si trova all’interno della sua testa (fisicamente e metaforicamente) e nient’altro, anche a discapito dell’involucro esterno.
Possiamo dunque dedurre che in Tetsuo il metallo assume i tratti di un vero e proprio «sistema mimetico», a cui, prima il feticista, poi il protagonista, aderiscono. La parola “mimetico” va intesa «in una duplice accezione: quella di copia, imitazione, riproduzione (a partire da un ideale modello originale) e quello di finzione, inganno, sotterfugio»26. Innanzitutto, il feticista – vero artefice dello svolgimento dei fatti narrati che opera manipolando da lontano i protagonisti (come una sorta di homunculus, ma in questo caso egli è persona tangibile) – si rifà a un ideale di uomo bionico capace di superare i limiti umani attraverso l’innesto di parti metalliche nel corpo. Il metallo assume, dunque, una posizione centrale nella simbologia attorno a cui ruota il film: attraverso di esso si proietta un desiderio di superamento degli idealtipi del sistema sociale egemone, rappresentati dalle foto di celebri sportivi come Carl Lewis presenti sulle mura della stanza del feticista. Al tempo stesso il metallo è anche inganno, in quanto grazie alla potenza sovrumana che dona allontana l’idea della morte nella mente dei due protagonisti. Soprattutto il feticista è il personaggio che più è ingannato da siffatto sistema mimetico. Egli infatti a inizio film viene investito e lasciato in fin di vita, ma qualche scena dopo si trova in una sorta di «womblike biomechanical chamber»27 ed in un certo senso ancora in vita grazie al contesto metallico in cui si trova.
Shin’ya Tsukamoto più volte nelle sue opere ha messo in guardia dagli effetti dell’accelerazione tecnologica. A differenza di Snakes of June, altro film del regista, in cui la protagonista riesce a scoprire realmente se stessa e salvare la sua vita matrimoniale grazie ad un cellulare affidatole da uno sconosciuto, in Tetsuo questo processo esasperante ha un risvolto distruttivo e apocalittico. Dal momento che il mondo ‘naturale’ non offre alcuna soluzione ai problemi della società, l’uomo non può fare altro che costruirsi questo espediente attraverso materiali tecnologici, con cui fin dai tempi più antichi ha saputo sopperire alle sue mancanze biologiche come l’assenza di lunghi artigli con cui difendersi o ali per volare e facilitare i suoi spostamenti. Il riferimento a strumenti di offesa non è affatto casuale, spesso si è detto quanto il processo di ‘metallizzazione’ dei personaggi renda questi più cinici e faccia della violenza l’unica forma possibile per instaurare un rapporto con altri esseri umani. Il metallo si offre, quindi, come una sorta di rifugio per un essere umano che percepisce se stesso soltanto come vittima delle sue paure e delle sue psicosi.


  1. In ambito occidentale possiamo vederlo nelle tavole dell’Incal di Moebius e Jodorowski, edito in Italia da Mondadori in una onnicomprensiva recente edizione del 2019. Nella cultura d’animazione e fumettistica giapponese abbiamo numerosi esempi, tra cui Ghost in the Shell di Masamune Shirow, edito da Kodansha, e poi animato da Mamoru Oshii nel 1995.
  2. La scelta di questo periodo non è affatto casuale. Le istituzioni sociali nate durante quest’epoca sono tuttora in vigore, seppur mutate nel corso dei secoli. In primis l’idea attuale di Stato e il sistema burocratico che lo sorregge. Cfr. C.H. McIlwain, Mediaeval Institution in The Modern World, in «Speculum», 16/3, 1941, pp. 275-283.
  3. Si fa qui riferimento alle tre prove sull’immortalità dell’anima fornite all’interno del Fedone (cfr. Platone, Fedone, in Tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Milano, Bompiani, 2000, pp. 67-130).
  4. Non si fa riferimento all’utilizzo di manufatti prodotti dall’uomo per sostituire parti del corpo umano, utilizzo di cui abbiamo testimonianza fin dal III millennio a.C. in Iran, bensì a implementazioni artificiali create con lo scopo di migliorare le prestazioni di una parte specifica del corpo. A riguardo vi sono gli studi sulla human augmentation (cfr. R. Raisamo, I. Rakkolainen, P. Majaranta, K. Salminen, J. Rantala, A. Farooq, Human Augmentation: Past, Present and Future, in «International Journal of Human-Computer Studies», 131, 2019, pp. 131-143).
  5. D. Vertov, Kinoks: A Revolution (1923), in Kino-Eye: The Writings of Dziga Vertov, a cura di A. Michelson, Berkeley, University of California Press, 1984, p. 17.
  6. R. Pepperell, The Posthuman Condition. Consciousness Beyond The Brain, Bristol, Intellect, 2003, pp. 177-187.
  7. Entrambe le opere hanno come protagonisti dei giovani adolescenti che si trovano involontariamente immersi in un mondo di pressioni psicologiche e tecnologie avanzate creato dagli adulti, rappresentanti della generazione precedente. Di particolare interesse è la natura degli EVA, i robot protagonisti della serie di Anno. Infatti siamo per la prima volta dinanzi a dei mecha (nome specifico di questa tipologia di robot utilizzato in riferimento a manga e anime) fatti di carne e ossa geneticamente imparentati con gli esseri umani e dotati anche di un’anima. Quest’ultimo elemento è fondamentale ai fini dello svolgimento della serie per comprendere il motivo per cui a ciascun EVA è assegnato un pilota specifico.
  8. Interessante a riguardo lo studio di S.T. Brown, Tokyo Cyberpunk: Posthumanism in Japanese Visual Culture, New York, Palgrave Macmillan, 2010.
  9. Il feticista del metallo, all’interno delle dinamiche narrative del film, assume un ruolo metanarrativo in quanto pare conoscere gli esiti futuri delle sue azioni senza esser colto mai alla sprovvista dagli eventi.
  10. D. Dottorini, Che cosa può (aprire) un corpo? Saggio sulla materialità del cinema, in Tetsuo: the iron man, la filosofia di Tsukamoto Shin’ya, a cura di M. Boscarol, Milano-Udine, Mimesis, 2013, p. 56.
  11. Cfr. P. Bertetto, Metodologie di analisi del film, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. V-XII.
  12. Cfr. S.T. Brown, Tokyo Cyberpunk, cit., p. 56.
  13. L’immaginario dell’uomo-macchina composto da geometrici ingranaggi ha origini nella letteratura scientifica del Seicento, in particolare negli studi anatomici del fiammingo Andrea Vesalio (Andreas van Wesel) all’interno della sua opera De humani corporis fabrica.
  14. Cfr. E.F. Vogel, Japan’s New Middle Class: The Salary Man and His Family in a Tokyo Suburb, Berkeley, University of California Press, 1971.
  15. Sebbene in questo contributo non ci occupiamo di fenomeni psicologici, che pure rappresentano un discorso attinente al nostro ragionamento, è opportuno rimandare a questo volume: G. Procopio, U. Pagano, La sessualità giapponese. Uno sguardo sociologico, Lecce, Youcanprint, 2018.
  16. G. Pecchinenda, L’Essere e l’Io. Fenomenologia, esistenzialismo e neuroscienze sociali, Milano, Meltemi, 2018, p. 39.
  17. Cfr. M. Raveri, Il pensiero giapponese classico, Torino, Einaudi, 2014.
  18. Secondo una visione di perfezione vicina a quella della Grecia classica, in cui appunto la bellezza/perfezione era frutto di una simmetria data dai risultati di operazioni matematiche, basti pensare al celebre “canone di Policleto”.
  19. S.T. Brown, Tokyo Cyberpunk, cit., p. 56.
  20. Ivi, pp. 56-57.
  21. L.E. Sangalli, Eros e thanatos: il femminino nel cinema di Tsukamoto, in Tetsuo: the iron man. La filosofia di Tsukamoto Shin’ya, cit., p. 82.
  22. S.T. Brown, Tokyo Cyberpunk, cit., p. 96.
  23. L.E. Sangalli, Eros e thanatos: il femminino nel cinema di Tsukamoto, in Tetsuo: the iron man. La filosofia di Tsukamoto Shin’ya, cit., p. 82.
  24. D. Dottorini, Che cosa può (aprire) un corpo? Saggio sulla materialità del cinema, in Tetsuo: the iron man, la filosofia di Tsukamoto Shin’ya, cit., p. 57.
  25. S.T. Brown, Tokyo Cyberpunk, cit., p. 177.
  26. G. Pecchinenda, L’Essere e l’Io. Fenomenologia, esistenzialismo e neuroscienze sociali, cit., p. 160.
  27. S.T. Brown, Tokyo Cyberpunk, cit., p. 69.

The analysis takes place through the examination of a particular genre that has developed since the 1980s: cyberpunk. In particular, the focus is on Tetsuo by Shin’ya Tsukamoto, an oriental movie that laid the foundations for the development of the genre in question by influencing Japanese artistic production in various fields. Through the analysis of the movie it is possible to suggest some reflections about the changing perception of the Self in contemporary man.